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Coronavirus, i veri pericoli dall’Africa

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La vera sorvegliata speciale però è l’Africa. Nei giorni scorsi si è verificato un primo caso nel continente nero, con un virus scoperto in un paziente ricoverato in Egitto. E gran parte degli specialisti sono stati concordi nel ritenere positiva la circostanza che ha visto il primo caso africano di coronavirus palesarsi proprio nel paese delle piramidi. Questo perché il sistema sanitario egiziano è considerato molto affidabile, i suoi standard sono tra i più elevati nel continente ed in tutta la regione mediorientale. Ed infatti le autorità sanitarie de Il Cairo sono riuscitie ad isolare il paziente e ad evitare altri contagi.

Il problema non può dirsi però superato. A spiegare il motivo è stata nelle scorse ore, con un’intervista su La Stampa, la ricercatrice italiana Vittoria Colizza. Assieme ad un team composto in gran parte da italiani ma operante a Parigi, all’interno dell’istituto francese di sanità e ricerca medica, l’esperta specializzata in epidemiologia da settimane sta studiando modelli matematici sulla diffusione del coronavirus.

Nelle ricerche condotte fino ad adesso, è emerso in primo luogo che l’Africa è effettivamente esposta alla possibile diffusione del nuovo virus. L’unica buona notizia è che, secondo modelli matematici elaborati, i paesi più vulnerabili in tal senso sono anche quelli più affidabili del continente a livello sanitario: l’Egitto per l’appunto, così come Algeria e Sudafrica.

“Va detto che, fortunatamente, proprio i tre Stati sono, nel contesto del continente, tra quelli che meglio possono arginare il contagio”, ha dichiarato infatti Vittoria Colizza.

E questo lo si è potuto appurare tramite alcuni parametri: “Consideriamo due indicatori: la capacità funzionale a livello sanitario, che valutiamo in particolare con i dati forniti dall’ Oms – ha spiegato ancora Vittoria Colizza – E poi una vulnerabilità, che non è collegata direttamente alla sanità, ma a fattori più generali, come la stabilità economica e politica o la demografia”.

Dunque, analizzando i vari rapporti commerciali e quelli relativi agli spostamenti aerei, le nazioni più esposte al contagio del virus emerso in Cina sono quelle che più possono fornire garanzie. Tuttavia, questo non vuol dire che occorre abbassare la guardia: Egitto ed Algeria del resto, sono paesi che potrebbero pure offrire migliori condizioni sanitarie, ma sono anche molto vicini all’Europa. Ed in particolar modo all’Italia, circostanza questa da sottolineare. Se qualcosa dovesse andar storto in caso di contagio, il nostro paese sarebbe senza dubbio quello più esposto.

Inoltre, i modelli matematici hanno messi in evidenza il fatto che i maggiori pericoli sono per i tre paesi prima citati, ma non hanno escluso la possibilità di contagio anche per altre nazioni africane. E tra queste, come ha ancora sottolineato Vittoria Colizza, ce ne sono alcune che, per via di fattori sia politici che sociali e sanitari, non potrebbero offrire molte garanzie: “Si tratta – ha specificato la ricercatrice – di Nigeria, Etiopia, Sudan, Angola, Tanzania, Ghana e Kenya”.

In questi paesi sono presenti molte aziende cinesi, impegnate soprattutto nella costruzione di nuove infrastrutture o nelle attività commerciali che il “dragone” asiatico ha implementato negli ultimi anni. Considerando che i governi interessati non hanno interrotto i voli da e per la Cina, l’allerta potrebbe diventare sempre più concreta in futuro.

Secondo la studiosa italiana, occorrerebbe pensare da subito per l’Africa le stesse misure già varate in altre nazioni, a partire proprio dallo stop temporaneo dei voli verso il paese asiatico: “La relazione tra i voli aerei con la Cina e la possibilità di contagio in Africa è molto forte – ha spiegato Vittoria Colizza – La metà è assicurata da Ethiopian Airlines, che non ha cessato i voli. Però va detto che se si fermano al 100% si blocca davvero la possibilità d’importare il virus. Se, invece, si riducono, anche del 90%, la possibilità di un contagio è solo ritardata”.

In poche parole, occorrerebbe occuparsi già da adesso della possibile diffusione del virus in Africa e far pressione affinché i governi del continente nero valutino ogni misura per arginare il fenomeno. Diversamente, la situazione potrebbe diventare molto caotica.