Home Attualità Ingegnere rifiuta di vivere con 750 euro al mese

Ingegnere rifiuta di vivere con 750 euro al mese

La sinistra deve far capire che dobbiamo smetterla di abbassare l’asticella nel lavoro”. La ragazza prosegue nel racconto di cosa le è accaduto alla fine del suo tirocinio post laurea: "900 euro a partita iva vuol dire 750 euro nette"

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L’ingegnera edile 28enne Ornela Casassa demolisce il “sistema” che non riconosce una paga giusta ai giovani professionisti.

«Non stiamo parlando di gente che non ti può pagare, ma di gente che sa che il sistema è così e non ti paga. Sennò perché quando ho rifiutato mi hanno dato i 1200-1300 euro che ho chiesto?».

E, ancora: «Ma io devo vivere con 750 euro? Ma io non mi ci pago l’affitto, io non ci vivo. Per questo ho detto no. Ecco che cosa deve fare la sinistra, deve far capire che dobbiamo smetterla di abbassare l’asticella nel lavoro”.

La ragazza prosegue nel racconto di cosa le è accaduto alla fine del suo tirocinio post laurea: « 900 euro a partita iva vuol dire 750 euro nette. Tu stai con mamma e papà che ti possono mantenere e dici a me “quei 900 euro non cambiano niente”. Io che sono tua coetanea, laureata tanto e quanto te, assunta nello stesso periodo, io non accetto perché non posso e perché non è giusto».

E poi hanno detto «“però li diamo anche alla tua collega che è stata assunta insieme a te” anche se lei aveva accettato 900 euro? Tu che hai il privilegio di poter accettare devi essere la prima a dire di no, altrimenti chi non può rifiutare, è costretto ad abbassare l’asticella. Ora sono felice, da quasi due anni collaboro con uno studio che riconosce molto bene il mio lavoro”, spiega ora Casassa all’Ansa.

Nel frattempo «in tanti mi hanno contattato, giovani e meno giovani, colleghi e tanti di altre professioni, anche tanti politici hanno condiviso la mia storia”. Ora mi occupo di progettazione energetica, non ho una assunzione a tempo indeterminato, ma per mia scelta, collaboro a partita iva perché voglio fare la libera professionista e vengo pagata il giusto, viene riconosciuto il mio lavoro. Molti datori di lavoro vanno al ribasso con paghe da fame perché c’è la convinzione che offrire un lavoro sia un favore. Se ne approfittano. Io mi ritengo fortunata ora collaboro con chi riconosce il valore del mio lavoro».