La giornalista Francesca Fagnani, nel corso della seconda puntata del Festival di Sanremo 2023, si è resa protagonista di una riflessione sui minori in carcere. Il discorso si è concluso con un riferimento celato ad “un autorevole magistrato, al quale dobbiamo essere grati, per le inchieste importantissime che coordina”, ossia Nicola Gratteri
“Non tutte le parole sono uguali e non tutte arrivano a noi con facilità. Ci sono parole che per arrivare sul palco di Sanremo devono abbattere cancelli e muri, come queste che arrivano dal carcere minorile di Nisida, da ragazzi che non cercano la nostra pena, perché non saprebbero che farsene”. Ha esordito così la co-conduttrice della seconda serata del Festival di Sanremo, Francesca Fagnani che ha raccontato le storie di giovani che hanno sbagliato ma che vogliono riscattarsi. Si tratta dei ragazzi rinchiusi nel carcere minorile di Nisida, a Napoli.
“Io mi pensavo che la felicità si comprava dottoré”, Fagnani ha letto qualche frase dei ragazzi di Nisida. “Furti, rapine, ma ‘non siamo criminali per sempre”. Alla domanda perché lo hai fatto però, non trovano la risposta. Hanno 15 anni e gli occhi pieni di rabbia, di vuoto, hanno 18 anni e lo sguardo è perso oppure sfidante. La scuola l’hanno abbandonata ma nessuno li ha mai cercati, neanche gli assistenti sociali, che sono troppo pochi per certe periferie. Quando ho intervistato alcuni adulti colpevoli di crimini terribili, e ho chiesto cosa avrebbero cambiato della loro vita, tutti mi hanno risposto “sarei andato a scuola”.
E, ancora. “Lo Stato dovrebbe essere più attraente dell’illegalità. E dovrebbe arrivare in certi contesti non solo con la fondamentale azione repressiva delle forze dell’ordine, ma prima dovrebbe combattere la dispersione scolastica. È una questione di democrazia, di uguaglianza, su cui si fonda la nostra Repubblica”. Fagnani, parlando dei giovani detenuti ha proseguito: “Il tuo futuro non è irreversibile. Se quando esci da qui rispetti la legge, superi i pregiudizi. Ma se non ce la fai e torni in carcere, quello vero, quello degli adulti, allora sì, è davvero finita. Perché in Italia, tranne qualche eccezione, il carcere serve solo a punire il colpevole, non a rieducare e tantomeno a reinserire nella società. Un autorevole magistrato, che coordina inchieste importanti, quest’estate in un’occasione pubblica ha detto ‘sono contrario a uno schiaffo in carcere o in caserma, il detenuto non deve essere toccato nemmeno con un dito’. Sapete perché? Non deve passare per vittima”.
La giornalista prosegue senza mai citare direttamente il magistrato Gratteri. “Ma non è così, non va picchiato perché lo Stato non può applicare le leggi della sopraffazione e della violenza che usano le persone che lei arresta. Se non faremo in modo che chi esce dal carcere sia cambiato, avremo perso tutti“.