ALTO TIRRENO – Giuseppe Bloise, 56 anni, meglio noto come il “boss della montagna”, è stato condannato in via definitiva a sette anni di reclusione e 6mila euro di multa per il reato di estorsione pluriaggravata.
L’ARRESTO NEL 2019
Accusato di due episodi di estorsione e tentata estorsione aggravati dal metodo mafioso ai danni di imprese appaltatrici di lavori pubblici eseguiti nel comune di Santa Domenica Talao, il 56enne era stato arrestato su ordine del Gip distrettuale di Catanzaro.
Le indagini erano partite dalle denunce di imprenditori taglieggiati e, già nel mese di settembre 2018, avevano portato all’arresto in flagranza di Pasquale Forestieri e Lorenzo Pandolfi. L’ideazione, la promozione, la direzione ed il coordinamento delle attività estorsive facevano però capo a Bloise, boss emergente, ritenuto promotore di una costituenda cosca autonoma, il quale, al fine di affermare il potere criminale sul territorio ed assumere il controllo delle attività economiche, si avvaleva di persone che, ai suoi ordini, eseguivano le azioni delittuose.
Gli estortori, dopo aver posto in essere atti intimidatori ai danni delle imprese appaltatrici di lavori pubblici operanti in zona, avvicinavano i responsabili avanzando richieste di cospicue somme di denaro. Ed è così che i carabinieri organizzavano una consegna controllata, beccando gli estortori in flagranza di reato. La successiva attività investigativa avrebbe permesso di accertare che il mandante della richiesta estorsiva era Bloise, il quale mesi prima aveva avvicinato personalmente un altro imprenditore impegnato in lavori pubblici chiedendogli soldi.
LA CONDANNA DEFINITIVA
Giuseppe Bloise veniva quindi condannato l’8 settembre del 2021 dalla Corte di appello di Catanzaro che confermava la sentenza con la quale il primo giudice aveva condannato Giuseppe Bloise alla pena di sette anni di reclusione e 6.000,00 euro di multa per il reato di estorsione pluriaggravata in concorso.
Secondo la tesi accusatoria, ritenuta fondata dai giudici di merito, l’imputato era stato organizzatore e mandante di una grave azione intimidatoria, eseguita materialmente da due complici, ad esito della quale aveva ottenuto la consegna di 1.500 euro da una ditta appaltatrice di lavori in corso nel Comune di Santa Domenica Talo.
Giuseppe Bloise, tuttavia, proponeva ricorso in Cassazione per l’annullamento della sentenza in ragione di tre motivi: violazione di legge nonché contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità.
Tra l’altro si contestava che dalla stessa imputazione non era chiaro se l’imputato fosse stato concorrente morale o materiale nella vicenda estorsiva, consumata in un luogo ove la presenza di Bloise è rimasta indimostrata nella sentenza impugnata, carente anche nel passaggio logico relativo al mandato asseritamente conferito ai due esecutori materiali Pasquale Forestieri e Lorenzo Pandolfi.
E ancora: “La minaccia rivolta da Forestieri e Pandolfi, che non evocarono alcuna cosca, non fu di tipo mafioso; dalla motivazione non si comprende in cosa si estrinsecò il metodo mafioso, da escludere anche perché la presunta trattativa fu condotta dalla persona che consegnò la somma di 1.500 euro in luogo di quella di 5.000 euro originariamente richiesta”.
Per la Cassazione, tuttavia, il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi generici, non consentiti e comunque manifestamente infondati.
Tra l’altro gli “ermellini” evidenziano: “In punto di responsabilità, premesso che le censure proposte con gli atti d’impugnazione non hanno riguardato la ricostruzione della vicenda estorsiva bensì solo il profilo della responsabilità concorsuale di Giuseppe Bloise, la Corte di appello ha ribadito che il ruolo svolto da quest’ultimo era ben descritto già nel capo d’imputazione, quale “mandante, promotore, direttore e coordinatore delle azioni“, essendosi così evocato un concorso sia morale sia materiale che ha trovato riscontro in quanto accertato ad esito dell’istruzione dibattimentale: “mentre il Forestieri e il Pandolfi hanno materialmente posto in essere la condotta di minaccia e di richiesta di denaro, il Bloise è risultato essere colui che ha diretto e coordinato i due esecutori, con una condotta pienamente inserita con efficienza causale nel determinismo produttivo della disposizione patrimoniale della vittima”.
All’inammissibilità della impugnazione proposta segue anche la condanna di Bloise al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila.
Guido Scarpino