SCALEA – Giuseppe Silvestri alias Zuzù, 64 anni, originario di Verbicaro, condannato in via definitiva nell’ambito del processo Plinius, resta in carcere: “le sue condizioni di salute sono discrete e compatibili col regime carcerario”.
Secondo i giudici, tra l’altro, dal “parere della Dda di Catanzaro emerge che il soggetto è vicino alla cosca Valente-Stummo direttamente collegata al clan Muto”.
Zuzù aveva contestato l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro di diniego circa una perizia finalizzata a ottenere la scarcerazione per gli arresti domiciliari, attesi seri motivi di salute.
Il Tribunale rileva, a tal proposito, che dall’istruttoria espletata e in particolare dalla relazione sanitaria, che riporta altresì le visite specialistiche alle quali è stato sottoposto il ristretto, è emerso che le condizioni di salute sono discrete e compatibili col regime carcerario in una struttura dotata di Sai, non richiedendo contatti frequenti con i presidi sanitari territoriali”.
Ritiene, pertanto, “non accoglibile l’istanza di perizia, in ragione del contenuto assolutamente lapidario e rassicurante del parere medico scientifico espresso dall’Area sanitaria del carcere nella relazione di cui sopra, che fa ritenere superati i contenuti della documentazione prodotta dalla difesa, assolutamente non trascurati”.
Silvestri è stato anche condannato a pagare spese attorno ai 5mila euro.
Zuzù era rimasto coinvolto nelle inchieste Plinius e Plinius 2. La prima è l’operazione che ha interessato anche parti politiche dell’amministrazione comunale scaleota del tempo. L’attività dei carabinieri della Compagnia di Scalea si è conclusa il 12 luglio del 2013.
Plinius 2 è stata invece la prosecuzione della precedente indagine e si è conclusa il 21 maggio del 2015.
Per Giuseppe Silvestri si era espressa definitivamente la Corte di Cassazione confermando in pieno la condanna a quattro anni di reclusione, comprese le richieste accessorie.
Silvestri era stato altresì condannato al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili per il reato di tentata estorsione pluriaggravata, per avere, in concorso con altri soggetti, separatamente giudicati, minacciato in più occasioni l’imprenditore di Scalea Nunzio Rotondaro, anche con l’uso di una pistola, perché consegnasse la somma di 380mila euro della quale l’imputato assumeva essere creditore.