Aula bunker di Rebibbia

ROMA

Riconosciuta l’associazione di tipo mafiosonelle condanne con rito abbreviato nel procedimento sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta ad Anzio e Nettuno, litorale romano.

L’inchiesta, il 17 febbraio scorso, aveva all’arresto eseguito dai carabinieri del Nucleo Investigativo della Capitale di oltre sessanta persone. Ai vertici dei due distinti gruppi criminali, distaccamenti delle ‘ndrine di Santa Cristina d’Aspromonte in provincia di Reggio Calabria e di Guardavalle in provincia di Catanzaro, c’erano Giacomo Madaffari, Davide Perronace e Bruno Gallace.

In seguito all’inchiesta della Procura, a novembre i comuni di Anzio e Nettuno sono stati sciolti per mafia. Il gup, con la sentenza emessa oggi nell’aula bunker di Rebibbia, che ha visto il riconoscimento del 416bis, ha condannato a 20 annitra gli altri, Bruno Gallace, Vincenzo Italiano, Gregorio Spanò e Fabrizio Schinzari e ha rinviato a giudizio un’altra trentina di imputati, tra cui Madaffari, che hanno scelto il rito ordinario.

In base a quanto emerso dalle indagini, i clan della ‘ndrangheta puntavano a colonizzare il litorale romano, e per rafforzare il proprio potere sfruttavano la consolidata capacità di importare ingenti quantitativi di cocaina dal Sud America, per poi infiltrarsi nelle amministrazioni locali attraverso la gestione e il controllo di attività economichenei più svariati settori, da quello ittico alla gestione e smaltimento dei rifiuti.

Gli accertamenti avevano consentito di ricostruire l’importazione di 258 chili di cocainaavvenuta nella primavera 2018, tramite un narcotrafficante colombiano, disciolta nel carbone e poi estratta all’interno di un laboratorio allestito a sud della Capitale.

La ‘ndrina aveva anche in progetto di acquistare e importare da Panama circa 500 chili di cocaina nascosti a bordo di un veliero che in origine veniva utilizzato per regate transoceaniche. L’operazione però saltò quando gli arrestati vennero a conoscenza delle indagini proprio nei loro confronti. Nel processo si sono costituite parti civili la Regione Lazio e l’associazione ‘Antonino Caponnetto’.