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Naufragio, Cidis: «Non siamo indifferenti a quello che può essere definito un “vuoto di soccorso”»

«La mia giovinezza fugge per fame da un continente ricco. La mia giovinezza è coraggiosa ma spera di non sbagliare obiettivo… La mia giovinezza va in Europa a tomba aperta»

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I soccorsi dopo il naufragio

Il numero dei morti dovuto al naufragio del barcone di migranti avvenuto a Steccato di Cutro (KR) il 26 febbraio è ancora in aggiornamento. Cidis, che lavora quotidianamente per garantire un’accoglienza dignitosa dei richiedenti asilo e dei rifugiati, non rimane indifferente davanti a quella che non può essere definita “tragedia” ma “vuoto di soccorso”.

«Nel 2023, a distanza di dieci anni dal naufragio di Lampedusa dove persero la vita quasi 400 persone, non è accettabile che si muoia ancora in acque italiane a pochissimi chilometri dalla costa», queste le parole di Debora La Rocca, responsabile del settore accoglienza di Cidis.

L’associazione risponde a quanto accaduto aprendo le porte dell’accoglienza integrata sul territorio calabrese, mettendosi a disposizione attraverso i progetti SAI di accoglienza (Sistema di Accoglienza e Integrazione) gestiti in loco; si contribuirà così a garantire un’accoglienza dignitosa e professionale limitando la permanenza dei superstiti nel C.A.R.A. di Crotone.

Cidis «promuove e sostiene l’attivazione di canali di arrivo sicuri chiedendo alle istituzioni di presidiare il soccorso in mare e le operazioni di salvataggio. Il Mediterraneo non deve più essere un luogo di morte e di sofferenza. La politica può e deve puntare su una responsabilità condivisa con l’Europa nel metterli in salvo dal viaggio e nell’accoglierli. I migranti che arrivano in mare continuano ad essere visti come numeri senza tener conto che ogni giorno ci sono situazioni che determinano lo spostamento di uomini e donne da ogni parte del mondo. Quella che abbiamo davanti è una realtà migratoria che non può arrestarsi, soprattutto di fronte all’acuirsi di conflitti, cambiamenti climatici e alle numerose ragioni che fanno della migrazione una necessità, più che una scelta».

Tra i tanti sopravvissuti al naufragio anche minori arrivati senza la propria famiglia. Yaya Karambiri, operatore sociale per Cidis in Calabria che ha vissuto questa esperienza in prima persona, al Mediterraneo ha dedicato una poesia: «Il mediterraneo non è la via della felicità. Il mondo scorre. L’umanità è persa e per la sopravvivenza la mia gioventù accetta di morire. La mia giovinezza fugge per fame da un continente ricco. La mia giovinezza è coraggiosa ma spera di non sbagliare obiettivo… La mia giovinezza va in Europa a tomba aperta».