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Anziana gravemente malata lasciata tre giorni in Ps senza posto letto, né acqua né cibo

Il vassoio col cibo lasciato sul tavolo, viene ritirato intatto perché nessuno passa a darle da mangiare. L'ennesima vergogna calabrese

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L'ospedale dell'Annunziata di Cosenza

COSENZA – Senza posto letto, né acqua, né cibo. Per tre giorni. Parcheggiata lì, in Pronto soccorso all’Annunziata. Un essere umano. Un’anziana, gravemente malata. Una donna, senza aiuto perché ai parenti non è stato consentito dare assistenza, nonostante la carenza di infermieri e operatori che potessero occuparsi di lei.

Indossava lo stesso pigiama del giorno di accesso al Pronto soccorso. Sotto terapia con l’ossigeno, con un filo di voce perché stremata, dice che ha fame. Una donna accanto a lei ha cercato di sorvegliarla, evitando che cadesse dal letto; un letto con la sponda rotta. Degrado nel degrado.

La donna è poi deceduta, nell’indifferenza di tanti. Si va via così, spesso, in questa regione.

E’ questa la Calabria. Purtroppo. E’ questa la sanità dove pochi si arricchiscono e tanti soffrono, dove si vive di parole, di passerelle, di clientela. Praticamente da sempre.

Qualcuno ora intervenga per mettere fine a questa vergogna. Una vergogna che ormai caratterizza tutte le strutture sanitarie pubbliche di questa regione.

Riportiamo di seguito, integralmente, la lettera di una donna: scritta con grande rispetto per gli operatori e con estrema continenza.

Eccola:

Quello che voglio raccontare è stata una delle mie tante esperienze personali con l’ospedale Annunziata di Cosenza. Accompagno mia madre in pronto soccorso dopo aver tentato di curarla a casa con specialisti a pagamento che però mi dicono che bisogna ricoverarla. In Pronto soccorso mi fanno entrare per accompagnarla fino ad una barella con lo schienale rotto

Mi chiedono se fa terapia a casa e lascio sopra la coperta, all’interno di una bustina di plastica chiusa, le medicine della terapia per il cuore e i reni che assumeva a casa, con un elenco con tutti gli orari scritti su un foglietto, dicendo al medico e a un altro operatore che il cardiologo mi ha raccomandato di non farle mai saltare la terapia per il cuore e lascio in un’altra busta un paio di indumenti per cambiarla.

Il medico mi dice di stare tranquilla che ricopierà l’elenco delle medicine e gliele daranno loro.

Per tre giorni mi viene vietato di farle visita e quando, dopo diverse proteste e minacce, riesco ad entrare, mia madre, in terapia con l’ossigeno, con un filo di voce perché stremata, mi chiede acqua e beve quasi una bottiglietta intera perchè assetata.

Mi dice che ha fame e scopro dalla vicina di barella che viene portato il vassoio ma viene lasciato sul tavolo e gli operatori sono pochi quindi il vassoio viene ritirato intatto perchè nessuno passa a darle da mangiare.

Chiedo al medico se mia madre può mangiare e mi risponde affermativamente, che è predisposta un’alimentazione leggera ma non è così visto che è anche affamata ed è da tre giorni che non beve e non mangia.

Chiedo il perchè non sia ricoverata e il medico mi risponde che non è così grave e può essere gestita nel Pronto Soccorso e che comunque non c’erano posti né all’Annunziata e neanche in tutti i reparti di provincia.

La scopro e vedo che indossa lo stesso pantalone del pigiama che le avevo messo per portarla in ospedale ma abbassato a metà gambe e trovo la bustina con i farmaci intatta, le scatoline all’interno con tutte le pillole e il foglietto nella stessa posizione in cui lo avevo lasciato.

La vicina di barella mi dice che ha sorvegliato mia madre tutta la notte per paura che cadesse perchè il letto era poggiato da un lato al muro ma dall’altro non aveva la sbarra (dispositivo per evitare la caduta dal letto n.d.r.).

Chiedo che sia messa una sponda ma l’unica disponibile è rotta. Mando i miei parenti a acquistarne una e dopo un paio di ore la facciamo consegnare all’interno.

Il giorno dopo mi fanno entrare e la trovo esattamente come l’avevo lasciata il giorno prima, però stavolta con la sbarra acquistata da noi ma digiuna.

Inizio a protestare e urlare e finalmente viene ricoverata nel reparto adatto a lei.

Ancora una volta, a causa di un solo paziente contagiato dal covid nel reparto, non fanno entrare i parenti. Però ricevo dai medici ogni giorno notizie di mia madre e mi dicono che si è “scompensata” perchè non ha assunto la terapia per il cuore.

Nel reparto ci sono tanti anziani, molti di essi non autosufficienti ai quali, ancora nel gennaio 2023 viene impedito di entrare quando si potrebbe fare come fanno in altre strutture che chiedono un tampone negativo. Trovandomi a ritirare i panni sporchi e portare quelli puliti (in reparto veniva completamente cambiata ogni giorno e aiutata a mangiare) passiamo dal pronto soccorso per ritirare la sponda.

Mi fanno entrare nella stanza dove era stata mia madre e viene tolta la sponda a un paziente nonostante dico che non è la nostra. Non riesco a convincere l’operatore a lasciare perdere e lasciarla in quella barella che avremmo regalato la nostra a chi ne aveva bisogno ma in modo brusco mi viene consegnata la sponda in mano e mi accompagnano all’uscita.

Dopo tanti giorni ci fanno entrare in reparto a vedere mia madre poche ore prima del suo decesso. Mentre entro vedo diversi posti liberi e ripenso a quando mi hanno detto che non era così grave, che poteva essere gestita in pronto soccorso e che in nessun reparto c’erano posti liberi. Questo accadeva a gennaio 2023. Non è cambiato molto con la nuova “gestione “ospedaliera.

A febbraio un mio parente è rimasto dieci giorni in pronto soccorso, in stato confusionale e con il dubbio se prendesse o meno la terapia domiciliare perchè, quando lo sentivamo telefonicamente non ricordava se lo avesse fatto. È rimasto in attesa di un ricovero al quale non ha avuto diritto fino alle minacce della famiglia di fare intervenire la stampa.

Ma perché i posti nei reparti si liberano solo quando si inizia ad alzare la voce?

E perché i miei parenti che abitano in provincia mi ripetono che negli altri ospedali non hanno mai difficoltà a ricoverare i loro parenti perché posti liberi ce ne sono sempre?

Premessa l’abnegazione di quel poco personale che deve gestire un numero immenso di pazienti che (parlo delle mie esperienze) spesso potrebbero essere trasferiti dal pronto soccorso in altri ospedali della provincia, mi domando: è davvero ancora necessario e utile non fare entrare i parenti seppure con tampone negativo?

In caso di un contagio in un reparto non si potrebbe mettere da solo in una stanza quel paziente e permettere ai parenti degli altri pazienti entrare con le dovute precauzioni e portare una parola di conforto a un malato. Ma soprattutto mi domando perchè, visto che nelle strutture sanitarie è obbligatorio indossare la mascherina fino al 30 aprile 2023, gli operatori sanitari, quando c’è la presenza di un parente in visita con tampone negativo, gli raccomandano il corretto uso della mascherina

MA TANTI DI LORO NON LA INDOSSANO? E MI RIFERISCO SIA A MEDICI CHE INFERMIERI!

Mi avevano consigliato di mandare questa lettera a aiutaciamigliorare@aocs.it ma spero che anche stavolta la stampa riesca dove la tutela del diritto alla salute del cittadino non arriva.