CETRARO – Pescatore beccato a vendere pesce mentre percepiva il reddito di cittadinanza. Il Tribunale di Paola assolve il 44enne perché “il fatto non sussiste”. Il pm aveva chiesto un anno di carcere.
La Procura della Repubblica di Paola, all’esito delle indagini preliminari originate da una denuncia della Tenenza della Guardia di Finanza di Cetraro del 4 settembre 2019, ha assolto un pescatore cetrarese B.E., 44 anni, perché da beneficiario del reddito di cittadinanza dal 28/03/2019, ometteva di comunicare all’Inps, entro i termini stabiliti, le variazioni del proprio reddito. Variazioni provenienti da attività lavorativa irregolare, dovute per legge ai fini della revoca o della riduzione del beneficio.
L’uomo, difeso dall’avvocato Marta Gammella, sostituita dal praticante avvocato Emilio Enzo Quintieri, in data 4 luglio 2019 era stato sorpreso dai finanzieri mentre in Via Libertà, a Cetraro Marina, esercitava l’attività commerciale di vendita di pesce su area pubblica senza autorizzazione.
In particolare, l’uomo, appartenente ad una nota famiglia di pescatori del posto, aveva due cassettine di polistirolo contenenti 4 chili di alici, 2 chili di occhialoni e 8,5 chili di sarde ed una vaschetta di plastica con del ghiaccio. Il tutto veniva sequestrato dalle Fiamme Gialle e poi distrutto mentre al pescatore era stata comminata una multa di 5.164 euro.
Precedentemente, B.E., il 31 maggio 2019, era stato notato anche dai militari della Capitaneria di Porto di Cetraro, mentre deteneva in un cassone con del ghiaccio, ai fini della commercializzazione, 7,5 chili di alici, 5,5 chili di merluzzi, 5 chili di occhialoni, in tre cassettine di polistirolo con accanto una bilancia per la pesatura. Anche in questo caso, era scattato il sequestro del pesce poi distrutto ed elevata una sanzione di 1.500 euro.
La Guardia di Finanza, successivamente, accertava che il B.E. era percettore del reddito di cittadinanza dal 28 marzo 2019 e, in violazione di quanto previsto dalla legge, non aveva provveduto a dare comunicazione all’Inps della variazione di reddito ai fini della revoca o della riduzione del beneficio economico erogato dallo Stato. L’uomo era stato, quindi, denunciato alla Procura della Repubblica di Paola, ritenendo che esercitasse irregolarmente l’attività di commercio ambulante di prodotti ittici in maniera “non sporadica” ed “abituale”.
Un’attività del tutto incompatibile con la percezione del sussidio erogato dall’Inps, ottenendo la revoca, con efficacia retroattiva, del beneficio, con obbligo di restituzione di tutto quanto indebitamente percepito e la disattivazione della carta del reddito di cittadinanza.
Durante l’istruttoria dibattimentale, innanzi al Giudice monocratico del Tribunale di Paola Sara Cominato, è stato sentito il maresciallo aiutante Alessandro Cecere, comandante della Tenenza della Guardia di Finanza di Cetraro, il quale ha confermato quanto riportato agli atti all’epoca redatti a carico di B.E. In sede di controesame, rispondendo alle domande poste dal sostituto del difensore, il comandante ha riferito che l’imputato era stato visto soltanto due volte vendere il pesce per le strade e che le sue condizioni personali e familiari erano “modeste”.
Per il pubblico ministero Elvira Gravina, alla luce di quanto emerso in dibattimento, l’imputato doveva ritenersi colpevole del reato contestato e, pertanto, ha chiesto al Giudice la condanna ad un anno di reclusione con la concessione dei benefici di legge. Il sostituto del difensore Emilio Enzo Quintieri, invece, ha chiesto l’assoluzione dell’imputato perché il fatto non sussiste contestando duramente le ricostruzioni della Guardia di Finanza di Cetraro.
Per la difesa, la condotta occasionale e non abituale, posta in essere dal pescatore, anche se irregolare, non poteva essere affatto ritenuta “rilevante” poiché B.E. aveva venduto soltanto qualche cassetta di pesce del valore di poche centinaia di euro, inidonea a comportare, anche se tale attività fosse stata comunicata, sia la revoca che la riduzione del reddito di cittadinanza.
Il Tribunale di Paola, pertanto, accogliendo la richiesta avanzata dalla difesa, ha assolto l’imputato con formula ampia: “perché il fatto non sussiste”. Entro novanta giorni le motivazioni della sentenza ma, nel frattempo, i difensori chiederanno all’Inps la restituzione delle somme indebitamente non corrisposte a B.E. ed alla sua famiglia nonché il ripristino dell’erogazione del reddito di cittadinanza, qualora ne ricorrano ancora i presupposti.
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