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Giovane suicida dal viadotto, vicesindaco si appella ad Anas

"Bisogna lavorare sulla cultura della prevenzione, tra sicurezza e rete sociale"

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CATANZARO – Raccogliamo la riflessione del vicesindaco di Catanzaro, Giusy Iemma, sulla triste vicenda del giovane che si è tolto la vita gettandosi dal ponte Morandi.
“Bisogna lavorare sulla cultura della prevenzione, tra sicurezza e rete sociale”, è il senso della riflessione della vicesindaca.
Ecco di seguito il suo contributo: “L’ultimo episodio del giovane suicida che si è tolto la vita lanciandosi dal viadotto Bisantis ha drammaticamente scosso tutta la comunità, già colpita da altri tragici casi nelle ultime settimane. Stringendoci attorno al dolore dei familiari, quanto successo non può che farci riflettere tutti sull’importanza di praticare la cultura della prevenzione sotto un duplice aspetto.
Da una parte, quello propriamente legato alla peculiarità del Ponte di Catanzaro, tragicamente conosciuto non solo per le sue caratteristiche strutturali, ma anche l’elevato numero di suicidi che si registrano da troppi anni a questa parte. Si è discusso di ipotetici progetti e soluzioni tecniche da mettere in campo per impedire il ripetersi di episodi così dolorosi, scongiurando una volta per tutte il rischio che il viadotto Bisantis venga identificato come il ponte dei suicidi.
A tal fine, mi appello all’Anas, ente che gestisce la manutenzione dell’infrastruttura, al fine di poter incidere in maniera risolutiva attraverso degli interventi che, già sperimentati per altri viadotti, possano impedire o scoraggiare gesti dalle conseguenze irrimediabili.
Naturalmente, la soluzione materiale non può essere scissa dalle considerazioni propriamente legate ai disagi e al malessere esistenziale che conduce chi è più fragile a compiere scelte estreme. Entra in campo, allora, la necessità di alimentare e rafforzare la rete di tutte le agenzie che si occupano di supporto e assistenza sociale, sanitaria, educativa.
Sul territorio, gli enti preposti fanno il loro lavoro per garantire i singoli servizi in ciascun settore, ma spesso si opera per compartimenti stagni e senza progetti condivisi. Forse troppo presi dalle emergenze quotidiane, si finisce così per lavorare poco e male in termini di ascolto e di prevenzione, questa grande sconosciuta.
A pagarne le conseguenze più di tutti, sono i più fragili, tra cui i nostri ragazzi con le loro paure e con disturbi che rimangono spesso nascosti e mai diagnosticati. E’ dovere di tutte le istituzioni affrontare con responsabilità questa nuova emergenza sociale, avvicinandosi in maniera tangibile alle scuole e alle famiglie, per non piangere più la solitudine, l’emarginazione, la perdita di vite umane”.