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Minacce in udienza al magistrato Pierpaolo Bruni: ‘ndranghetista condannato

"Il dott. Bruni è a rischio di vita assoluta: abbiamo a disposizione molte armi, sia bazooka che esplosivo"

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Il procuratore capo di Paola, Pierpaolo Bruni

PAOLA (Cosenza) – E’ stato condannato anche in Corte d’Appello, a Salerno, il presunto ‘ndranghetista crotonese e pericoloso “pistolero” che minacciò in udienza l’allora sostituto procuratore di Crotone, Pierpaolo Bruni, oggi procuratore capo a Paola.

L’uomo, condannato dal Tribunale di Salerno a 3 anni di reclusione per “oltraggio un magistrato in udienza” (ipotesi che ha assorbito il reato di minacce), è stato giudicato colpevole anche in secondo grado.

A suo carico è infatti giunta una condanna a 2 anni e 8 mesi di reclusione.

Il noto pregiudicato dovrà pagare anche lo spese processuali e risarcire il danno all’ex sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro.

Pierpaolo Bruni vive sotto scorta da anni sia perché la ‘ndrangheta voleva ucciderlo e sia per le intimidazioni e minacce subite in varie zone della Calabria.

Il riferimento, tra gli altri, è alle gravissime minacce di morte a lui rivolte via web: “Pierpaolo Bruni… tu per noi sarai na muschiddra… tutta questione di tempo… presto tu sarai raccolto con un cucchiaino… di te rimarranno solo le ceneri… Insieme ai tuoi carissimi pentiti Bumbaca e Marino”, è il messaggio rivolto all’allora sostituto della procura di Crotone, fatto pervenire sul sito online di un giornale nel 2010.

Le minacce erano contenute in un commento di un articolo nel quale si dava notizia della confisca dei beni disposta dal Tribunale nei confronti di due esponenti di spicco delle cosche locali, coinvolti nell’indagine della Dda “Heracles”.

Qualche settimana prima, ignoti malviventi avevano manomesso l’autovettura utilizzata dal padre di Bruni, alla quale era stato reciso il tubo della benzina, probabilmente con l’intento di provocare un incendio.

Mentre in un’altra circostanza sul sellino del suo acquascooter, il magistrato aveva trovato due scatole vuote per pistole.

E ancora: nei pressi della sua abitazione, sottoposta a sorveglianza continua, una sera sono stati bloccati due individui camuffati con sciarpe e cappelli che all’arrivo degli agenti di scorta al magistrato, non hanno saputo giustificare la loro presenza in quel luogo.

Anche questo episodio è finito, insieme a tanti altri, in un corposo elenco trasmesso dalla Procura di Crotone a quella di Salerno, oggetto anche di interrogazioni parlamentari.

Nel gennaio del 2011, invece, affiliati alle cosche ‘Vrenna-Ciampà-Bonaventura, arrestati assieme a una dozzina di ‘ndranghetisti, avrebbero pianificato un attentato per “fare fuori” Bruni, allora sostituto della Dda di Catanzaro, ritenuto “responsabile” di aver fatto pentire il boss Pino Vrenna.

Gli “uomini d’onore” avrebbero pagato un killer professionista che sarebbe dovuto arrivare da fuori Crotone per uccidere il magistrato.

Lo pedinavano nonostante fosse scortato e stavano organizzando una colletta per raccogliere i soldi da dare al sicario.

Ma non è tutto. Anni fa un “pentito” svelò un diabolico piano della ‘ndrangheta: «Il dott. Bruni è a rischio di vita assoluta», raccontò il collaboratore di giustizia Angelo Cortese, ex affiliato ad una cosca di Cutro, nel corso di un interrogatorio.

«Abbiamo a disposizione molte armi, sia bazooka che esplosivo, in quanto il dottor Bruni è una persona che non cammina così, libero, cammina con la scorta, con la macchina blindata. Quindi si parlava di fare un attentato perché si colpisse la macchina blindata», aggiunse il pentito.

E ancora: “Si potrebbe usare anche dell’esplosivo sia nell’abitazione sia durante un processo a Catanzaro, oppure nel tragitto. Si potrebbe colpire anche con un fucile di precisione durante uno spostamento mentre arriva in un tribunale, in un’udienza. Mezzi e armi ci sono e gli uomini anche”.

E nel novembre del 2014 un detenuto svela: “Le cosche della ‘ndrangheta hanno progettato un attentato contro il Pm Bruni”. La notizia è stata fornita da un detenuto ad un agente di polizia penitenziaria. L’agguato sarebbe dovuto avvenire lungo la statale 107. L’uomo era informato sull’auto e gli spostamenti abituali di Bruni. Il disegno criminale era stato progettato da consorterie mafiose crotonesi e cosentine.

Insomma, Bruni doveva morire.

Da Catanzaro a Crotone, fino a Paola, sul Tirreno cosentino, dove il magistrato è procuratore capo, sono cambiati i personaggi dell’onorata società”, ma la musica è rimasta la stessa.

Nuove gravi minacce a suo danno questa volta riguardano il processo anticrimine “Tonno Rosso”, qualche anno fa ha fatto registrare tre condanne e un rinvio a giudizio a carico dei componenti di una banda di “pirati” che consumava estorsioni aggravate contro gli equipaggi dei pescherecci del Sud Italia, operativi nelle acque del mare che bagnano la costa cetrarese.

Un sorvegliato speciale finito in cella è stato intercettato mentre, dialogando con la moglie, prometteva ritorsioni a danno del magistrato calabrese, paventando anche l’idea di organizzare a suo danno un’azione di delegittimazione non appena sarebbe uscito dal carcere.

Guido Scarpino