Arma e munizioni sequestrate durante il blitz

SAVA (Ta) – Diciannove presunti spacciatori di droga sono finiti in manette nell’ambito di un blitz dei Carabinieri eseguito tra Taranto, Bari, Brindisi e Lecce. Una maxioperazione al cui centro c’è il cimitero di Sava, in provincia di Taranto, trasformato in un bunker di sostanze stupefacenti da spacciare.

Le sostanze illegali arrivavano da Francavilla Fontana, nel Brindisino, da “soggetti evidentemente ben inseriti nel settore dei narcotici”: così il gip di Lecce nell’ordinanza.

La droga poi veniva venduta nella piazza di Sava, nel Tarantino. Il commercio illegale riguardava anche il vicino comune di Torricella.

L’operazione è stata condotta nella notte dai Carabinieri. Le ordinanze custodiali sono state emesse su richiesta della Direzione distrettuale antimafia che ha svolto le indagini.

Per tutti è scattata, a vario titolo, l’accusa di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio, porto e detenzione illegale di armi comuni da sparo e ricettazione.

La presunta organizzazione criminosa, attiva anche durante il periodo di restrizione covid, avrebbe sfruttato il cimitero di Sava come base operativa logistica del gruppo, dove al sicuro da occhi indiscreti, sarebbero avvenuti gli incontri con i fornitori, con i pusher.

Quel luogo, secondo il gip nell’ordinanza, era utilizzato anche per i conteggi dei proventi dell’attività di spaccio, la suddivisione degli utili e in alcune occasioni anche il trattamento dello stupefacente.

All’interno di un loculo vuoto, di proprietà di una famiglia del luogo e all’oscuro di tutto, sono stati rinvenuti tre fucili, di cui uno a pompa, munizioni e pistole che, da successivi accertamenti, sono risultati rubati.

Uno degli indagati, dopo un lungo periodo di detenzione, riacquistata la libertà, aveva sin da subito ripreso le redini delle attività fuori legge del suo territorio anche perché forte del suo carisma criminale, prosegue il gip.

Non solo: durante lo sconto della pena l’uomo è accusato di aver costretto altri gruppi presenti sul territorio sud-orientale della provincia di Taranto al “fermo”, non permettendo agli stessi di poter gestire alcun traffico criminale, legato allo spaccio di droghe, se non sotto il suo diretto controllo.

Luigi Sesti