Il senatore Rapani

ROMA «Il calcio italiano punti sui vivai, le società sull’azionariato popolare e si schierino un numero minimo di 10 atleti in possesso dello status di “atleta di formazione italiana”. Sono questi i tre principali obiettivi di un disegno di legge depositato nei giorni scorsi per il quale sono primo firmatario, insieme ad altri colleghi senatori». È quanto dichiara il senatore di Fratelli d’Italia e membro della Commissione Giustizia, Ernesto Rapani.

«L’obiettivo è quello di simulare il modello Barcellona, ricorrendo allo strumento dell’azionariato popolare nelle società sportive professionistiche e dilettantistiche anche attraverso le piattaforme autorizzate di “crowdfunding”. In tempi di crisi per il calcio italiano sia in termini sportivi che economici – sottolinea il rappresentante di Fdi – abbiamo immaginato un calcio più coinvolgente, appassionante, alla cui base dei club ci siano i tifosi. Il calcio in Italia è lo sport più rappresentativo, un asset di fondamentale importanza all’interno del Sistema Paese, in grado di coinvolgere 4,6 milioni di praticanti, con circa 1,4 milioni di tesserati per la Figc ed un fatturato stimabile in 4,7 miliardi di euro. In pratica, circa il 12% del PIL del calcio mondiale viene prodotto nel nostro Paese. Tuttavia, questo sport sta attraversando, ormai da dieci anni, momenti di grande criticità. Il calcio professionistico evidenzia, infatti, un profilo estremamente preoccupante dal punto di vista della sostenibilità economico-finanziaria – sottolinea Rapani – a fronte di uno squilibrio strutturale che già prima della pandemia risultava particolarmente accentuato: nei 12 anni analizzati prima dell’impatto del Covid-19, infatti, il calcio professionistico italiano ha prodotto un rosso aggregato pari a circa 4,1 miliardi di euro».

Dati ed analisi che «mi hanno spinto ad immaginare un calcio governato diversamente e che promuova gli atleti. Il primo intervento posto in essere nel disegno di legge è quello, dunque, di introdurre nell’ordinamento degli strumenti in grado di coinvolgere i tifosi e di renderli direttamente responsabili rispetto alla proprietà e all’organizzazione delle società sportive professionistiche e dilettantistiche. In pratica, si vogliono sviluppare forme e condizioni di azionariato popolare per le società sportive professionistiche e dilettantistiche, come avviene, peraltro, già in altri Paesi europei. Alcune società calcistiche della massima serie, soprattutto quelle di vertice, per coprire le spese di gestione, in aumento e in gran parte assorbite dagli stipendi dei giocatori, a fronte della notevole diminuzione delle entrate durante il lungo periodo di chiusura degli stadi a causa della pandemia, sono state costrette a ricorrere a consistenti prestiti bancari con alti tassi di interesse che gravano sui bilanci per decine di milioni l’anno. Pertanto – spiega ancora Ernesto Rapani – l’iniezione di capitale, stabile e non gravato da interessi, nelle casse delle società calcistiche da parte dei tifosi, nella veste di soci investitori mediante l’azionariato popolare e diffuso, si rende necessaria per ridurre l’esposizione debitoria delle stesse società e garantire loro stabilità e solidità finanziaria nel lungo periodo». Accanto all’azionariato popolare la proposta di legge propone «dei criteri coma la creazione di scuole di formazione per giovani atleti all’interno delle società sportive professionistiche di calcio; la promozione di meccanismi premiali per le società sportive e dilettantistiche che impiegano almeno il 3% del fatturato per il rinnovamento degli impianti sportivi; la partecipazione a ogni gara di un numero minimo di 10 atleti in possesso dello status di “atleta di formazione italiana”; la promozione sentita la Federazione Italiana Giuoco Calcio, di una riforma del sistema che consenta un maggiore accesso dei giovani atleti del vivaio alla serie A».

Infine: «Il disegno di legge è stato firmato anche dai colleghi Russo, Petrenga, Sigismondi, Rosa, Farolfi, Mennuni, Gelmetti, Liris e Orsomarso».

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