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Aperta la sala espositiva dove si trova l’Annunciazione, tornata in città dopo 42 anni

«mi sorge il sospetto che a portare simili ventate di novità possa essere stata la mano del giovane erede della bottega, quell'Alessandro Buono, così moderno che da "mediterraneo"»

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BELMONTE CALABRO – Il 5 aprile, alle ore 17, è stata aperta al pubblico la sala espositiva del dipinto su tavola raffigurante L’Annunciazione che dopo 42 anni, ed il relativo restauro, è ritornata a Belmonte. Sono intervenute diverse personale istituzionali, politiche e religiose che hanno fortemente voluto il rientro dell’opera a Belmonte, che è una delle opere più importanti in Calabria.

L’opera è stata restaurata da Alba Nudo e Domenico Visciglia della Soprintendenza per la Provincia di Cosenza. Il restauro è stato completato da Stefania Bosco,Francesco Musolino e Domenico Papalia che ne hanno curato anche l’allestimento insieme a Maria Teresa De Luca dell’associazione Barrueco.

Il Sindaco, Roberto Veltri, ha consegnato delle targhe di ringraziamento quale riconoscimento per l’impegno a realizzare il ritorno dell’opera a Stefania Bosco, storico dell’arte restauratore, diagnosta; ad Enrichetta Salerno della Soprintendenza di Cosenza, al Parroco don Giuseppe Belcastro e a Maria Teresa De Luca di Barrueco.

Il Soprintendente Mario Pagano, ed altri autorevoli studiosi che stanno approfondendo gli studi hanno ipotizzato una attribuzione dell’opera ad Antonello da Messina

Scrive M. P. Di Dario Guida, nella presentazione, scrive “l’opera si presentava nel 1970 in uno stato di conservazione molto precario poiché il supporto in legno era diventato fragilissimo a causa di una massiccia aggressione di insetti xilofagi, per cui fu sottoposta ad una operazione di disinfestazione e consolidamento de legno. In tempi recenti, la tavola è stata sottoposta ad una delicata operazione di distacco della superficie dipinta che al momento della mostra non è stata ancora applicata su un nuovo supporto, per cui non è stato possibile il trasporto presso la sede espositiva”. 

Del dipinto si parla “nel 1933 da A. Frangipane che la considera “di buonissimo schema della Rinascenza, ma pessimamente ritoccata e quasi ridipinta”. E così appariva ancora negli anni ’70 con le vesti dell’Angelo e della Vergine completamente rifatte e numerose cadute dello strato pittorico tanto da compromettere la leggibilità dell’opera. ma l’affiorare di alcuni particolari significativi fra i quali il pavimento ad azulejos di marca valenciana e la decorazione del manto della Vergine e dell’Angelo mi convinsero a programmare un restauro che fu pienamente rivelatore della cultura dell’opera”.

Ne uscirono confermate “le componenti iberiche ed altre di diversa estrazione pure presenti nella bottega napoletana che si fregiava del marchio Per tanto che Ferdinando Bologna, in occasione della mostra del ’76 in cui l’opera fu presentata, prospettava “almeno la possibilità che sia del Bufulco, e in una fase ancor più avanzata di Latino, persino la bella e inquietante Annunciazione di Belmonte qui presentata (F. Bologna 1975)”.

Infine “mi sorge il sospetto che a portare simili ventate di novità possa essere stata la mano del giovane erede della bottega, quell’Alessandro Buono, così moderno che da “mediterraneo” come appare in questa tavola, si mostra a conoscenza dei cicli romani pinturicchieschi e peruzziani nell’Adorazione di Glasgow per evolversi precocemente già in quest’opera, nella Cena Vaticana, nel dittico di San Mauro Cilento e negli affreschi trivulziani di Milano verso un leonardismo deciso che andrà stemperandosi versoi Cesare da Sesto nella tavola la Resurrezione di Lazzaro del museo del Sannio a Benevento”.

stefaniasapienza@calabriainchieste.it