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La “giustizia privata” del clan: «Andava picchiato e lasciato sulla sedia a rotelle»

La 'ndrangheta voleva punire l'automobilista che investì un 83enne del posto

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Carabinieri

SAN LUCIDO (Cs) – La cosca Calabria-Tundis, secondo quanto emerge dall’inchiesta ”Affari di Famiglia“, era fortemente irritata con un automobilista che il 12 aprile del 2014, sulla strada statale 18, investì e uccise un 83enne del luogo, travolto nei pressi del bar Clichè sito in San Lucido.

Un incidente stradale che la ‘ndrangheta voleva punire a tutti i costi sia perché avvenuto sul suo territorio e sia perché l’investitore non chiese scusa alla famiglia della vittima.

«Un’associazione per delinquere – scrive agli atti la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, commentando le intercettazioni tra “uomini d’onore” – può dirsi realmente mafiosa quando, fra le varie attività illecite, esercita funzioni di giustizia privata», come nel caso di specie.

«Oltre all’intermediazione nella risoluzione delle controversie criminali, infatti, la ‘ndrina Calabria-Tundis si incarica o viene incaricata di sanzionare i comportamenti di privati di cittadini, ritenuti responsabili di torti ai danni di altre persone».

E nel caso dell’incidente verificatosi il 12 aprile del 2014, gli ‘ndranghetisti stavano ragionando sulla punizione da infliggere all’automobilista investitore.

«Lo sai cosa dobbiamo fare? Hai visto quello che aveva il Fiorino con le tendine da… quello dobbiamo vedere dove sta, ci vuole bruciato …. non gli è andato nemmeno a chiedere scusa» alla famiglia della vittima «…pisciaturo».

«Andava picchiato e lasciato sulla sedia a rotelle…. picchiato forte. No, gli bruciamo il Fiorino … mala disgrazia… uno ammazza ad uno e nemmeno chiedi scusa»

In un’altra circostanza, invece, i Tundis-Calabria si erano attivati a tutela del proprietario di un lido per intervenire su due criminali di Paola che, durante una scorribanda, avevano seminato il panico nel territorio di San Lucido.