CETRARO (Cs) – Reddito di cittadinanza, nessuna percezione indebita da parte di una 22enne straniera. Il Tribunale di Paola assolve l’imputata perché il fatto non costituisce reato.
Secondo l’accusa V.S. A. il 13 ottobre 2020, in pieno lockdown, tramite un centro di assistenza fiscale, aveva presentato all’Inps domanda per ottenere il reddito di cittadinanza, accolta il 13 novembre 2020, attestando falsamente di risiedere in Italia da almeno 10 anni, percependo la somma di 3 mensilità per un totale di 1.422,31 Euro, conseguendo così un ingiusto profitto.
A seguito degli accertamenti esperiti dai militari della Tenenza della Guardia di Finanza di Cetraro, V.S.A., che pure viveva in Italia da molti anni (dal 28 ottobre 2013), era emersa la mancanza del requisito della residenza decennale in Italia. Per tale ragione, atteso che nella domanda inoltrata ne aveva falsamente attestato la sussistenza, inducendo in errore l’Inps, era stata denunciata in stato di libertà, con l’accusa di indebita percezione del reddito di cittadinanza, punito con la reclusione da 2 a 6 anni.
Secondo i difensori della giovanissima imputata, Marta Gammella e il praticante avvocato Emilio Quintieri, durante la compilazione dell’autodichiarazione finalizzata ad ottenere il reddito di cittadinanza, non aveva compreso bene il fatto che bisognava essere residente in Italia da almeno dieci anni, ma di essere solo residente, in modo continuativo, negli ultimi due anni, considerati al momento della richiesta del beneficio di contrasto alla povertà.
La condotta era consistita soltanto nello “spuntare” la voce del modulo prestampato, peraltro di non immediata comprensione, sottopostogli dal personale del Centro di assistenza fiscale cui si era rivolta che, evidentemente, non le aveva spiegato bene la procedura. Pertanto, per i difensori Gammella e Quintieri, mancava il dolo specifico richiesto dalla legge per la configurabilità del reato contestato e quindi chiedevano l’assoluzione dell’imputata perché il fatto non costituisce reato.
Tale tesi era contrastata dalla pm della Procura di Paola, Maria Porcelli, per la quale giovare era penalmente responsabile e, pertanto, chiedeva la condanna al minimo della pena prevista (2 anni) con il riconoscimento delle attenuanti generiche.
Dopo una breve camera di consiglio, il gup del Tribunale di Paola, Roberta Carotenuto, ha assolto l’imputata V.S.A. perché, così come avevano richiesto i suoi difensori, il fatto non costituisse reato.
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