COSENZA – Prosegue il nostro viaggio tra i verbali contenenti le confessioni di Roberto Porcaro (https://www.calabriainchieste.it/2023/06/23/lex-boss-roberto-porcaro-vuota-il-sacco-depositati-oggi-i-verbali-eccoli/), l’ex mammasantissima della mala cosentina recentemente pentitosi (https://www.calabriainchieste.it/2023/05/04/e-si-pente-anche-il-reggente-del-clan-degli-italiani-roberto-porcaro/), depositati ieri nell’aula bunker di Lamezia Terme nell’ambito dell’udienza preliminare dell’inchieste antimafia Reset.
Nell’ambito di queste nuove spifferate, Porcaro tira in ballo ‘ndranghetisti e colletti bianchi, raccontando fatti e circostanze noti e meno noti, ma anche inediti.
Ecco le sue confessioni:
«Durante la mia latitanza ero stato intanto scarcerato fino a quando sono stato nuovamente arrestato, sempre nell’ambito dell’operazione TERMINATOR e dopo un altro breve periodo di latitanza a Belmonte in uno stabile del fratello di Antonio ILLUMINATO (Massimo), nell’ottobre-novembre del 2012 e condotto nel carcere di Cosenza.
Durante questo periodo di detenzione sono stato detenuto insieme a Domenico SCALORA, Tonino PRESTA, Salvatore ARIELLO, Umberto DI PUPPO e Mario GATTO.
E’ stato questo il momento in cui ho iniziato a partecipare ai discorso di affiliazione e del progetto di riapertura del locale di ‘ndrangheta a Cosenza.
In particolare, Umberto DI PUPPO riportava l’intenzione, a lui riferita, da Michele DI PUPPO che era stato detenuto a Siracusa con Michele OPPEDISANO, di formalizzare questo locale a Cosenza anche per consentire autonomi riti di affiliazione; tale apertura, tuttavia, poteva avvenire solo allorquando si fossero trovati tutti i “grandi” in libertà.
In ogni caso, durante questa detenzione, ho ricevuto da Mario GATTO la dote dello “sgarro”.
Mario GATTO, dopo aver parlato con Tonino PRESTA e gli altri, mi ha incontrato nelle scale tra il primo e il secondo piano del carcere e mi ha affiliato, recitandomi la formula impiegata per il conferimento della dote di “sgarro”: “in nome di Minofrio mi sprizzo e mi sgarro e Santa Annunziata distaccata è formata società di sgarro”.
Sono stato quindi rimandato in cella dove Tonino PRESTA mi ha segnato con una lametta, imprimendomi il segno della croce sul pollice destro. Successivamente, poi, Mario GATTO mi ha consegnato alcuni foglietti con la copiata dove era riportato come capo società Franco MUTO.
Voglio precisare che si è trattato di un rito molto conciso, al fine di evitare eccessive formali che avrebbero attirato sia le attenzione degli altri detenuti che della guardie penitenziarie».
La Direzione distettuale antimafia, durante l’interrogatorio, dà atto a verbale che il PORCARO mostra l’incisione sulla falange del pollice destro.
Il collaboratore di giustizia riprende le sue spifferate: «Questa prima affiliazione è avvenuta tra il dicembre del 2012 ed il gennaio del 2013. Successivamente ho ricevuto altre doti di ‘ndrangheta fino a quella attuale corrispondente al “cavaliere di cristo”.
Voglio precisare che nel giorno in cui è stata eseguita l’ordinanza cautelare emessa nell’ambito del procedimento denominato TERMINATOR – e rispetto alla quale ho avuto quel primo mese di latitanza – avrei dovuto incontrarmi a Cosenza con Giuseppe CACCIOLA di Rosarno (fratello di Maria Concetta, la donna che si è poi suicidata con l’acido), per accordarci su una nuova fornitura di cocaina e pianificare il saldo di un debito di circa 70000 curo che avevamo in sospeso con loro.
lo ero in compagnia di Salvatore ARIELLO e attendevamo il CACCIOLA presso un bar di Cosenza. Non ci siamo più incontrati proprio a causa del fermento dovuto agli arresti in corso.
Preciso che ci siamo incontrati con Giuseppe CACCIOLA, durante il mio successivo periodo di latitanza da Fedele PACIA. Go conosciuto Massimo D’ELIA tra il 2004-2005, ossia nel periodo in cui era fidanzato con la figlia di Riccardo GRECO, alias Cesarino.
All’epoca il D’ELIA già era contiguo alla famiglia dei CHIRILLO di Paterno Calabro».
L’ex boss cosentino riferisce poi fatti e circostanze circa la vicenda che ha riguardato il processo a carico di un altro pezzo da novanta della ‘ndrangheta cosentina: Francesco PATITUCCI e nel quale anche lui era stato imputato, ossia quello per l’omicidio di Luca BRUNI: «Io stesso ho consegnato la somma di 30000 euro a casa di Rosanna GAROFALO nella mani dell’avvocato Luigi GULLO (la vicenda a carico del legale si è conclusa a Salerno con un decreto di archiviazione: ndr). Questa somma era destinata ad aggiustare il processo per PATITUCCI».
«Successivamente sono stato presso lo studio dell’avv. MANNA, il quale mi ha portato in una stanza a parte, e allorché io stavo per accennare alla vicenda della consegna del denaro all’avv. GULLO, lo stesso MANNA mi ha detto che sapeva già tutto, invitandomi a parlare di altro e dicendo la frase: “che con il dott. PETRINI ci abbiamo fatto fortuna”.
In precedenza l’avv. GULLO mi aveva detto che l’avv. MANNA era al corrente di tutto. Nell’occasione della mia visita presso lo studio dell’avv. MANNA abbiamo continuato a parlare dell’altro processo che riguardava PATITUCCI, ossia quello relativo al duplice omicidio LENTI-GIGLIOTTI.
In particolare, nell’occasione si è parlato della strategia processuale di far dichiarare a RUA Gianfranco e BRUNI Gianfranco, già definitivamente condannati all’ergastolo per altri fatti, la loro responsabilità anche con riferimento al duplice omicidio LENTI-GIGLIOTTI, escludendo la responsabilità di PATITUCCI Francesco, con l’obiettivo duplice di determinare l’assoluzione del PATITUCCI nel processo e di mostrare l’avvio di una rivisitazione critica da parte del RUA e del BRUNI che avrebbe consentito agli stessi di accedere ai benefici penitenziari.
Di questa strategia ne ho parlato direttamente con Francesco PATITUCCI in un periodo di pochi giorni del dicembre del 2019, tra la sua scarcerazione ed il mio arresto nell’operazione “Testa di Serpente”.
Proprio la sera in cui sono stato arrestato a casa della mia compagna, eravamo stati a cena a casa di Francesco PATITUCCI, insieme ad Alessandro CATANZARO e sua moglie.
In occasione di questo incontro, nel quale mi sono appartato con il PATITUCCI a parlare, lui mi ha confidato che avrebbe portato l’imbasciata ai due ergastolani RUA e BRUNI, tramite le rispettive mogli, manifestando preoccupazione in riferimento all’esito del processo, laddove non si fosse realizzata questa strategia processuale…»
… continua …