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In Prefettura a Cosenza l’Osservatorio in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro

Massimiliano Ianni e Graziella Segreti di Cgil Cosenza: «Serve che lo Stato stanzi ingenti risorse»

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La Prefettura di Cosenza

COSENZA – Si è tenuto ieri presso la Prefettura di Cosenza il primo Osservatorio in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro. Ai lavori hanno partecipato, tra gli altri, dirigenti sindacali cosentini della Cgil.

Massimiliano Ianni (segretario generale Cgil Cosenza) e Graziella Segreti (segretaria confederale Cgil Cosenza) si sono così espressi:

«Abbiamo partecipato evidenziando che il lavoro sicuro è una priorità assoluta della nostra azione. Abbiamo sollecitato un intervento sinergico di istituzioni, politica e parti sociali perché oltre mille morti ogni anno non possono essere una statistica da rilevare, ma una responsabilità da assumersi».

«Serve che lo Stato stanzi ingenti risorse da investire in sicurezza e in formazione pubblica. Il lavoro sicuro non può più essere considerato un costo o un adempimento burocratico, ma deve diventare un impegno concreto dello Stato, volto a promuovere un nuovo modello di impresa sicura e moderna e un nuovo modello di lavoro dignitoso e conforme alla Costituzione».

«Servono potenziamento e coordinamento dei controlli, da rivolgere verso gli obiettivi più a rischio: i grandi appalti, le esternalizzazioni, le aziende che non applicano i ccnl e che non rispettano le norme sull’orario di lavoro».

«La sicurezza deve essere un obiettivo strategico dello Stato e pertanto abbiamo espresso ancora una volta la nostra contrarietà all’autonomia differenziata, che regionalizza anche questa materia, compromettendo l’uniformità di tutela sul territorio nazionale. Abbiamo manifestato lo scorso sabato a Roma, lo faremo ancora», spiegano ancora Ianni e Segreti.

Poi promettono: «Porteremo il tema della sicurezza in ogni tavolo, in ogni piazza, in ogni territorio e luogo di lavoro, affinché prevenzione, formazione pubblica, svolta culturale e un nuovo modello produttivo si impongano e restituiscano al lavoro il suo ruolo di generatore di vita e non di generatore di morte».