VIBO VALENTIA – Nonno, nonna, padre e madre. Tutti rinviati a giudizio per violenza sessuale su una bimba di 8 anni, per tre anni. Il gup del Tribunale di Vibo ha mandato a processo il 73enne, per violenza sessuale aggravata e gli altri tre imputati per mancata protezione nei confronti della minore. Il processo partirà il 20 settembre.
L’indagine è scattata dopo la denuncia di un’insegnante di una scuola primaria del Vibonese, presentata nell’aprile del 2020. E’ stata lei a capire cosa stava avvenendo tra le mure domestiche: abusi e violenze sessuali perpetrati nei confronti della piccola che oggi ha tredici anni da parte del nonno. Secondo il gip del Tribunale di Vibo il racconto della piccola, avvenuto con al fianco una psicologa della Polizia di Stato, è “apparso coerente e preciso, limpido ed equilibrato”. Il sostituto procuratore di Vibo Cecilia Rebecchi, che ha coordinato le indagini, ha ricostruito un orribile scenario composto da svariati episodi di abusi sessuali: dalla palpazione dei genitali alla frequente masturbazione impostale dal nonno, che la obbligava a toccarla, fino allo stupro vero e proprio. Episodi che in alcuni casi si sarebbero verificati alla presenza delle due sorelle minori. A comprovare la veridicità del racconto della vittima anche dei video allegati agli atti.
La bimba avrebbe, tra l’altro, provato a confidare quanto stava avvenendo al papà e alla nonna paterna senza tuttavia essere creduta e addirittura, accusata di “vedere i film”. Gli inquirenti hanno anche sentito a sommarie informazioni la madre della bimba che ha rivelato di aver affrontato il suocero il quale tuttavia ha negato gli abusi giustificando di “aver mostrato il pene alle bambine con l’impellente necessità di urinare”. Agli atti è finita anche la documentazione medica acquisita dagli inquirenti che andrebbe a rafforzare ulteriormente il quadro accusatorio dimostrando le violenze subite negli anni. Nell’inchiesta, quindi, sono finiti anche la madre, il padre e la nonna della piccola, che secondo le ipotesi di accusa avrebbero potuto impedire l’incubo vissuto dalla bambina e che da indagati sono diventati imputati.