AMANTEA (Cs) – Pasquale Vilella, della direzione provinciale di IdM, a poche ore di distanza dal pronunciamento del Tar sul distacco di Campora da Amantea per dare vita a Temesa, invita i politici a riflettere bene sulla questione della fusione tra Comuni. «Apprendo dalla stampa di oggi che il TAR della Calabria, accogliendo il ricorso presentato dal Comune di Amantea, ha bocciato l’iter avviato dalla Regione Calabria per l’effettuazione del referendum popolare sulla separazione di Campora San Giovanni da Amantea e sulla fusione di Amantea con Serra di Aiello. Tra le cause principali della bocciatura vi è la carenza d’istruttoria in riferimento alla dotazione infrastrutturale del Comune di Amantea».
È una notizia «non di secondo piano, che impone una seria riflessione a tutto il ceto politico su un tema spesso trattato con frettolosa leggerezza rispetto alle ipotetiche ricadute in termini di governance dei territori. È tempo di fermarsi perché non si possono ledere i diritti e i servizi dei cittadini a causa della schizofrenia di una politica spesso intenta ad effettuare salti nel buio, tentando soluzioni improbabili alla complessità dei problemi, oppure ad immaginare nuovi carrozzoni nei quali ricollocare i propri gruppi dirigenti».
Sia chiaro: «L’Italia del Meridione non è contraria alle manifestazioni di volontà popolare ma in politica le questioni di merito e metodo devono essere poste in cima ai ragionamenti da condividere con la gente. D’altronde l’esperienza di Corigliano-Rossano insegna come anzitutto occorre incidere sulla legge regionale per le fusioni, al fine di colmare alcuni gap come le attestazioni sulle condizioni di bilancio degli Enti in fusione e quindi l’obbligatorietà di studi di fattibilità e la creazione di un osservatorio sulle fusioni stesse. Dopo di che non bisogna dimenticare la centralità dei comuni oggetto di fusione, i quali non possono diventare passacarte di istanze calate dall’alto ma devono essere cassa di risonanza di storia, di tradizioni e di buon governo, senza dimenticare che restano i consigli stessi a deliberare singolarmente su una fusione».
Diventa, quindi, inevitabile il richiamo «al campanello d’allarme sulla vicenda dell’area urbana cosentina. L’attuale disegno di legge della Regione Calabria, infatti, non solo non prevede studi di fattibilità che attestino il reale potenziale derivante dalla fusione dei comuni di Cosenza, Rende e Castrolibero ma è frutto di un iter carente dal punto di vista democratico. In primis perché non sono stati ascoltati i consigli comunali di riferimento e in secundis perché il quorum previsto dal referendum popolare è complessivo, iper maggioritario, e quindi non tiene conto della volontà popolare dei singoli comuni».
Infine: «Di esperimenti sull’architettura istituzionale degli Enti Locali ne abbiamo già visti abbastanza e, nella maggior parte dei casi, non sono stati risolutivi. Occorre che il ragionamento politico torni ad essere più profondo di un tweet e meno veloce delle fughe in avanti, alimentando una discussione matura che passi dagli attori protagonisti della governance locale e da tecnici all’altezza delle sfide, sulla cui cima resta la difesa delle istituzioni più prossime al cittadino, già di per sé vessate da uno Stato che taglia iniquamente risorse e personale. Ripartiamo da una nuova visione municipalista che metta al centro del dibattito l’importanza strategica delle Autonomie Locali ed il loro rilancio funzionale in un territorio, il nostro, che necessita di buone pratiche di governo e di meno populismo».
stefaniasapienza@calabriainchieste.it