CORIGLIANO ROSSANO (Cs) – Pluripregiudicato rossanese di 34 anni accusato d’aver violato la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, detenuto e condannato a otto mesi, è stato assolto dalla Cassazione perché il fatto non sussiste.
La Suprema Corte di Cassazione, in totale accoglimento delle richieste dell’avv. Francesco Nicoletti, ha assolto da tutte le accuse “perché il fatto non sussiste” un 34enne pluripregiudicato rossanese, imputato di aver violato, con la contestazione dell’aggravante della recidiva specifica infraquinquennale, la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno impostagli con decreto emesso dal Tribunale di Cosenza – Sezione Misure di Prevenzione.
Lo stesso Tribunale aveva ritenuto l’uomo socialmente pericoloso per i numerosissimi carichi pendenti relativamente a reati di rapina, cessione di sostanze stupefacenti, lesioni, violenza privata, furto aggravato e resistenza a pubblico ufficiale.
Per diversi di tali reati l’imputato risultava essere stato arrestato in flagranza, per come evincibile dalle informative dei Carabinieri di Rossano. Inoltre, a suo carico erano stati segnalati molteplici contatti con soggetti pregiudicati, alcuni aventi precedenti anche per reati molto gravi.
Sulla scorta di tali elementi il Tribunale di Cosenza – Sezione Misure di Prevenzione – riteneva sussistenti gli indizi di pericolosità sociale, inquadrando il 34enne per l’assoluta continuità nell’azione criminosa e, pertanto, gli infliggeva la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di anni tre con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza, con le prescrizioni, tra le altre, di non associarsi abitualmente a persone che hanno subito condanne e sono sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza e di non detenere o portare armi.
Nel gennaio del 2018 l’uomo veniva tratto in arresto in flagranza di reato per la violazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale e tradotto preso la casa Circondariale di Castrovillari, dove rimaneva detenuto fino all’udienza di convalida dell’arresto, all’esito della quale veniva sottoposto con ordinanza emessa dal Tribunale di Castrovillari alla misura degli arresti domiciliari.
Avverso tale ordinanza di custodia cautelare l’avv. Francesco Nicoletti proponeva Riesame dinanzi al Tribunale di Catanzaro il quale, in accoglimento del ricorso della difesa, rimetteva in libertà l’imputato.
La Procura di Castrovillari formalizzava nei confronti dell’imputato giudizio direttissimo e, pertanto, celebrato il processo, il 34enne veniva riconosciuto colpevole delle condotte contestate nel capo d’imputazione e condannato alla pena di mesi otto di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Tale sentenza, emessa a seguito di giudizio abbreviato, veniva impugnata nei termini di legge dalla difesa.
Si celebrava, pertanto, il processo dinanzi alla Corte di Appello di Catanzaro all’esito del quale il Procuratore Generale chiedeva la conferma della sentenza di condanna.
I giudici, in parziale accoglimento delle richieste della difesa, assolvevano l’uomo per una contestazione con la formula perché il fatto non sussiste, confermando la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Castrovillari per quanto concerneva altra contestazione per la quale provvedevano solo a rideterminare la pena. Proprio avverso tale sentenza emessa dalla Corte di Appello di Catanzaro la difesa proponeva impugnazione.
La Prima Sezione della Suprema Corte di Cassazione, in totale accoglimento dei motivi di ricorso presentati dall’avv. Francesco Nicoletti, ha annullato la sentenza di condanna emessa dalla Corte di Appello di Catanzaro e ha assolto l’imputato con la formula più ampia: “perché il fatto non sussiste”.