Un momento della protesta

COSENZA – «La morte di Susan e di Azzurra sono morti annunciate avvenute nelle mani e per mano dello Stato, esattamente come lo sono le decine e decine di persone detenute che ogni anno muoiono dietro le sbarre, in molti casi in circostanze non chiare. Dall’inizio dell’anno sono 47 i suicidi avvenuti dietro le sbarre, uno ogni quattro giorni».

Così il movimento La Base di Cosenza che ieri mattina, nel giorno di ferragosto, ha promosso un’azione simbolica «per ricordare che nelle mura dell’oblio non è garantito alcun diritto e per puntare il dito, ancora una volta, contro un sistema che continua ad auto assolversi rispetto a crimini che calpestano la dignità dei detenuti e delle detenute».

«Ogni crisi sociale, economica e sanitaria – scrive il movimento cosentino – colpisce prima fra tutte la popolazione detenuta, chi si trova in carcere ne paga sempre il prezzo più alto. Ne abbiamo avuto testimonianza durante la pandemia, quando a causa dell’abbandono e dell’inasprimento del sistema di detenzione le rivolte scaturite nelle carceri sono state soffocate nel sangue, impunemente. Ne hanno prova tutti i giorni i familiari di chi è in carcere, costretti a dedali burocratici per incontrare o avere contatti con i propri affetti”.

«Il carcere è tortura, perché negare l’acqua fresca con 40 gradi lo è, perché costringere le persone in celle sovraffollate lo è, perché tagliare i finanziamenti per le attività occupazionali, formative e ricreative costituisce non riconoscere i detenuti e le detenute come persone. Dal Governo le proposte emerse in questi giorni, a seguito dell’impietosa passerella del Ministro Nordio al carcere di Torino, puntano a preservare lo status quo del sistema carcerario. Aprire nuovi spazi di detenzione vuol dire ridurre qualsiasi problematica al sovraffollamento, e soprattutto creare condizioni di carcere duro nelle strutture esistenti, volendo riutilizzare le caserme come istituti detentivi per chi ha una pena inferiore a tre anni».

Il sovraffollamento nelle carceri «è una cartina tornasole di come la detenzione sia mera amplificazione di disagio e sofferenza nonché uno specchio sociale di come marginalizzazione e repressione sostituiscano un welfare efficiente. La maggior parte della popolazione detenuta soffre di disagi psichici e gravi problemi economici e non solo il supporto psicologico continua a mancare anche nelle carceri, molte delle pene inferiori ad un anno vengono fatte scontare con il carcere duro, a riprova di come i servizi sociali siano completamente inesistenti, dentro e fuori le case circondariali. Di fatto l’insostenibilità della detenzione si palesa ancor di più rispetto a detenuti/e, giovani, donne o stranieri/e”.

Infine: «Non possiamo non ricordare anche il recente suicidio nel carcere di Rossano, negli anni teatro di orrori ormai normalizzati dalle Istituzioni, e la morte di Francesco avvenuta due anni fa qui nel carcere di Cosenza a causa di un diniego al ricovero ospedaliero per “mancanza di personale”, nonostante le sue condizioni di salute fossero critiche e accertate. Oggi non vogliamo vedere ulteriori sopralluoghi farlocchi nelle carceri italiane, nè sentire dichiarazioni di ogni tipo funzionali all’autoreferenzialità. La classe politica deve assumersi le responsabilità del disastro creato e cambiare radicalmente sul piano legislativo e sociale questo sistema che uccide e isola»