CATANZARO “La Mobilità sanitaria”, è questo il tema del terzo modulo della XII edizione il Corso di management medico avanzato e di politiche sanitarie organizzato dall’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Catanzaro, che si è tenuto nei giorni scorsi – nella sala “Catuogno” nella sede dell’Ordine in via Settembrini a Catanzaro. Protagonista della lezione il direttore amministrativo dell’Azienda ospedaliera-universitaria “Renato Dulbecco”, l’avvocato Francesco Procopio.
Ogni lezione della due giorni di formazione è stata aperta con un minuto di silenzio in memoria del commissario straordinario di Azienda Zero, il professor Giuseppe Profiti, prematuramente scomparso dei giorni scorsi.
Un altro importante appuntamento formativo, quello del corso di management medico avanzato, voluto dal presidente dell’Ordine dei Medici di Catanzaro, il dottor Vincenzo Ciconte, e da tutto il consiglio direttivo.
«Quella della mobilità sanitaria è una problematica tra le più complesse, assieme a quella della spesa storica e della quota capitaria. Si tratta di un meccanismo attraverso cui risorse consistenti continuano a viaggiare dal Sud verso il Nord perpetuando un circolo vizioso e meno risorse, meno servizi, più emigrazione, meno risorse», spiega il direttore del corso, il dottor Lino Puzzonia.
L’avvocato Procopio «ha esaminato, per un lungo periodo di tempo, e nel dettaglio il fenomeno e ci ha dato degli elementi di conoscenza che prima avvertivamo come cornice e che su cui adesso abbiamo invece degli elementi di conoscenza molto particolari».
Il problema della mobilità «è un problema che in parte viene subito da chi gestisce le aziende – ha sottolineato Procopio -. Per risolvere e affrontare le criticità che ne derivano la linea guida è capire e analizzare i dati della mobilità che ci suggeriscono dove orientare l’azione. Una volta individuato il raggio di azione, servono una serie di azioni concertate ma anche le risorse necessarie per invertire questa tendenza».
Il direttore amministrativo dell’Azienda ospedaliera “Dulbecco” racconta la propria esperienza al “Pugliese-Ciaccio”: «Una struttura che lavora già al massimo e quindi riuscire poi ad aumentare le prestazioni per intercettare i ricoveri che vanno fuori regione, presuppone la disponibilità di più spazi, più unità di personale, maggiore possibilità e capacità di accoglienza che non sempre è possibile realizzare».
Bisogna lavorare «tutti assieme sul sistema per migliorare quella che è l’organizzazione a rete ed è importantissimo che anche la sanità periferica possa continuare ad avere tutte le risorse per essere potenziata, altrimenti una sola struttura non riuscirà mai a fare fronte, non riuscirà a recuperare una parte piccola dei pazienti che si recando fuori regione».
Comunque, rimarca Procopio «ci sono dei fenomeni di mobilità assolutamente fisiologici sui quali non è possibile agire perché si tratta di una mobilità o necessitata o collegata alla stanzialità delle persone calabresi che vivono fuori dalla nostra regione. Il dato più significativo, secondo me, è stato quello del fatto che durante il Covid questi dati sulla mobilità sono stati depurati di tutte quelle situazioni che effettivamente potrebbero essere gestite e attenzionate meglio in Calabria».
Durante la pandemia «molte persone non sono partite, una parte ha rinunciato a curarsi, una parte non ha potuto curarsi per le patologie più semplici, una parte ha trovato le risposte che cercava in Calabria. Questa è stata una grande prova del sistema che in parte ha retto, ma nello stesso tempo questi dati vanno analizzati seriamente per capire quello che è stato fatto, quello che è rimasto a distanza di due anni, e quello che si può fare per recuperare questo terreno».
Per “controllare” al meglio la mobilità sanitaria, infine, «la medicina territoriale ha una funzione importantissima per “alleggerire la pressione sugli ospedali, per ridurre il ricorso a strutture anche importanti per prestazioni inappropriate e consentire di dedicarsi al recupero invece di quelle prestazioni che possono essere trattate adeguatamente in ospedali di grandi dimensioni».
Questa è anche «la sfida della “Dulbecco”. La Dulbecco avrà un futuro se riusciamo a costruire un sistema di rete intorno che consentirà di far fare a questa nuova struttura, di andare ad aggredire quelle che sono le situazioni della mobilità – ha concluso Procopio -. Se invece dovrà farsi carico anche di tutta la rete ospedaliera periferica e di tutto quello che non si fa più in periferia, l’operazione è destinata ad avere effetti scarsi su questo sistema».
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