COSENZA – Il Campo di Internamento di Ferramonti di Tarsia non è celebre solo per essere stato il più grande tra quelli che nell’estate del 1940 fece costruire Benito Mussolini in Italia.
Non lo è neppure per la circostanza che al suo interno nessuno degli ebrei, slavi e apolidi internati fu vittima di violenza o direttamente deportato in Germania, primato per il quale è inserito tra i 100 Marcatori Identitari Distintivi (MID) della Calabria, censiti nella proposta di mappatura ufficiale depositata alla Fondazione Calabria Film Commission.
In quello che Steinberg definì il più grande Kibbutz del continente europeo, all’ombra della grande barbaria dell’olocausto, nacquero storie e amori intensi che ancora oggi continuano a vibrare nella memoria di quanti attorno a quel campo hanno avuto un vissuto.
E proprio di una di queste storie, che sembra uscita da una sceneggiatura di Park Ji-eun, parla il romanzo autobiografico nato come soggetto cinematografico, “Campo Ferramonti. Storia di una vita” di Pino Ambrosio, edito da Media & Books e patrocinato dall’Associazione Casa Calabria International (CCI).
«Ho vissuto un’infanzia bellissima, solo insieme a mia madre», racconta l’autore, originario di San Marco Argentano.
Un bambino cresciuto nella quotidianità dei campi di grano estesi tra la Valle del Crati e quella dell’Esaro, con un’assenza perenne, quella del padre.
Nessuno mai gli raccontò la verità di quella mancanza, fino a quando una sera d’inverno la sua mamma, seduti attorno al fuoco, invece di raccontargli una fiaba gli parlò di una notte piena di stelle, durante la quale nell’andare a prendere l’acqua al pozzo, incontrò un ragazzo, impaurito, sporco e affamato.
Era scappato da Ferramonti in cerca di libertà. Quella giovane donna se ne prese cura, lo portò nel fienile di famiglia, lo accudì per quasi due mesi. Le ore trascorse insieme a lui, nascosti nel fienile – dice la giovane nel romanzo di Ambrosio – sono state le più belle della mia vita, anche se erano vissute con l’amara consapevolezza che non saremmo potuti restare a lungo insieme.
Da quella storia d’amore breve e intensa è nata la consapevolezza di un germoglio di vita, dall’esperienza drammatica all’interno del Campo di Internamento di Ferramonti.
Un romanzo affascinante che ha travolto d’emozione la Comunità Ebraica del Sud tanto da consentire all’autore l’onore di piantare un Cedro in occasione della cerimonia dell’ultima Giornata della Memoria all’interno del campo di concentramento della Media Valle Crati.
Pino Ambrosio oggi è un cittadino elvetico, trasferitosi in Svizzera oltre 50 anni fa ma che non ha staccato mai la sua spina della memoria e delle radici con San Marco Argentano.
Appena può torna nella sua terra per incontrare amici e fare nuove esperienze di confronto come quella con gli autori Tommaso Orsimarsi ed Esperia Piluso che di fatto – come ricorda Innocenza Giannuzzi, presidente di CCI – hanno sostenuto la scrittura di questa opera intuendo la formidabile capacità comunicativa soprattutto per un progetto cinematografico.
Da qui è nato un libro che ha riscosso subito successo di critica e apprezzamenti importanti e autorevoli come quello, tra tutti, del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e di Papa Francesco.