Il San Bernardino di Amantea

AMANTEA (Cs) – Sarà presentato sabato 16 dicembre, con inizio alle ore 19, presso la Chiesa Monumentale del San Bernardino da Siena di Amantea, il libro di Francesco Morelli “Il Presepe: Arte e tradizione senza tempo”. 
A relazione sull’opera: Cristina Cavallo, dottoressa in Lettere e Beni culturali; Antonio Cima, storico e cultore della tradizione; Francesco Stellato, maestro presepista e cultore delle tradizioni amanteane; nonché Francesco Morelli, autore del libro. I lavori saranno moderati da Gregorio Carratelli, editore.
«Con questo mio piccolo lavoro – ha spiegato Morelli – voglio portare a conoscenza di tutti, storia, aneddoti e curiosità della nobile arte del presepe, ed in particolare della tradizione presepistica di Amantea. Il presepe è amore, amore che cerco di trasmettere con i miei presepi a chiunque, seguendo le parole di Papa Francesco che nella sua Lettera Apostolica “Admirabile Signum“ dice: ”davanti al presepe, la mente va volentieri a quando si era bambini e con impazienza si aspettava il tempo per iniziare a costruirlo».
Questi ricordi «ci inducono a prendere sempre nuovamente coscienza del grande dono che ci è stato fatto trasmettendoci la fede; e al tempo stesso ci fanno sentire il dovere e la gioia di partecipare ai figli e ai nipoti la stessa esperienza. Non è importante come si allestisce il presepe, può essere sempre uguale o modificarsi ogni anno; ciò che conta, è che esso parli alla nostra vita. Dovunque e in qualsiasi forma, il presepe racconta l’amore di Dio, il Dio che si è fatto bambino per dirci quanto è vicino ad ogni essere umano, in qualunque condizione si trovi».
Ecco, con questo «mio contributo, cercherò, a chi leggerà questo libro, di fargli riscoprire quell’amore, quella magia che solo il presepe sa dare. Perché, in fondo, nello scrivere questo libro, il mio intento non è solo quello di far conoscere la storia del presepe, ma soprattutto quello di dare a tutti la motivazione a “fare” il presepe, per chi ancora non lo fa, o a “farlo meglio”, se si ha già questa bella consuetudine».
Ma soprattutto «bisogna trasmettere ai bambini l’amore e la passione per il presepe. Se riusciremo in futuro a far crescere i bambini, come mio padre ha fatto con me, con l’amore per il presepe, allora sì che il presepe diventerà sempre di più il valore autentico del Natale e porterà quella magia unica che riscalderà i nostri cuori. E diceva bene Don Antonio Rotondo, grande protagonista della tradizione presepistica in Calabria, quando nel suo libro dedicato al presepe diceva: “Nelle famiglie il Presepio fu un torrente di poesia, che vi esercitò un’azione fortemente educativa facendo vibrare la nota profonda del sentimento domestico; e fu grande ignoranza se alle volte per la tristizia dei tempi si volle fare a meno di una costumanza così bella».
Ma attualmente «vi sono indizi di rinascita di questa umile manifestazione di arte cristiana, onde possiamo sperimentare il ritorno del presepio fra le pareti domestiche, dove porterà ancora una volta i riverberi di quella luce, che fu accesa nella notte di Greccio. Sono convinto che chiunque crei un presepio in fondo cerca prima di tutto pace per sé e cerchi di trasmetterla a chi lo guarderà. Lo stupore che si coglierà negli occhi di chi lo ammira ci ripaga sempre delle ore passate nel crearlo, e se poi lo sguardo è quello dei bambini ci ripaga ancora di più».
E comunque sia allestito il Presepe, «oggi ancora, dopo quasi mille anni di storia, ripercorre il sentiero del misticismo e risponde al desiderio di essere protagonisti del Natale. Non c’è cultura che non abbia fatto il suo presepe e non l’abbia tradotto nel proprio linguaggio, accostandosi al tema con grande libertà: partendo dai popoli e dalle nazioni, dai paesi ai quartieri, si trova che ogni società ha elaborato un suo specifico tipo di rappresentazione della nascita del Salvatore aggiungendo moduli figurativi, che sono la traduzione visibile dell’accoglienza del Cristo e l’espressione di una risposta personale non formale».
Son passati molti secoli «dal Presepe di Greccio e le generazioni future sapranno perpetuare la voglia francescana di rappresentare la Natività, rappresentare la nascita della speranza dell’uomo? Ma sì, son passati duemila anni e la storia di Gesù è sempre presente a indicarci il cammino della salvezza, una storia che non conosce il finito. E il presepe è un fatto puramente religioso: più precisamente appartiene al Cristianesimo, cioè alla Chiesa e alla sua storia. Quando si allestisce il presepe, emerge sempre quell’atmosfera del tempo sospeso, che sta tra l’attimo fuggente e l’attimo presente. Il presepe apre sempre un varco che va oltre, questo oltre, è l’eterno».
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