CATANZARO – Grande discussione sta suscitando nel mondo della scuola la mancata proroga dei professionisti Ata, assistenti amministrativi e tecnici, dal 31 dicembre del 2013.
Il Ministero dell’Istruzione e del Merito, nell’ottobre 2023, aveva assunto 9.000 unità di personale Ata fino al 31.12.2023, promettendo e garantendo, a mezzo di comunicati continui ed incessanti, rilasciati dai propri rappresentanti politici, una proroga certa sino al giugno 2024 di tutto il personale Ata assunto.
Tuttavia, a fine anno ha cambiato improvvisamente le carte in tavola e ha deciso di prorogare solo i collaboratori scolastici sino al 15.04.2024 con fondi statali (legge di bilancio), scaricando tutti gli assistenti tecnici e tutti gli assistenti amministrativi alle scuole, lasciando loro ampia discrezionalità ed innumerevoli ed insormontabili criticità.
Dopo mesi di rassicurazioni nei confronti dei dipendenti pubblici e delle scuole, il Ministero ha improvvisamente detto: «care scuole, se intendete tenere ancora queste unità dall’1 gennaio 2024, ve le pagherete con le vostre risorse Pnrr, se le avete; ve le gestirete a livello contrattuale e contabile e buon lavoro».
Quei pochi istituti scolastici che hanno attivato nel 2023 progetti hanno risorse residue assenti o insufficienti e per quanto concerne le somme “assegnate” riferite ai futuri progetti si tratta di cifre virtuali, ipotetiche e non certe.
La scelta di far ricadere i contratti Ata nella disciplina del Pnrr comporta tutta una serie di criticità tecniche e gestionali che, per come posta la questione, risultano essere insormontabili ed irrisolvibili.
Risultato? Mancata proroga per tutti. Tra l’altro, il paradosso è che, a breve, dovranno essere avviati i nuovi progetti Pnrr nelle scuole ma non ci sarà proprio quella parte del personale Ata che l’U.E. ritiene qualificato, ossia assistenti tecnici ed assistenti amministrativi per poterli portare avanti ed attuarli.
Da qui la protesta di circa 3500 tecnici che da giorni si trovano a vivere una situazione, a dir poco, paradossale.
La maggior parte di questi dipendenti pubblici si ritrova a pagare onerosi affitti fuori regione, ha dovuto lasciare la propria terra, i propri figli e la propria famiglia, ha scelto di intraprendere questo percorso lavorativo facendo affidamento sulle promesse fatte dai politici che parlavano, addirittura di proroga sino al giugno dell’anno 2026.
E oggi si ritrovano a vivere un vero incubo.