Pesca con il palamito

PAOLA (Cs) – Ristrettezze dal ministero della pesca sulla pesca con il palamito: monta la protesta in tutta Italia, anche in Calabria. I primi ad alzare la voce sono stati i livornesi che da generazioni praticano il genere di pesca.
Tant’è che la giunta regionale della Liguria porterà in Conferenza Stato-Regioni – nella persona dell’assessore alla Pesca, Alessandro Piana – la richiesta di revisione del decreto con il quale il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (MASAF) ha ridotto da 200 a 50 il numero di ami utilizzabili per la pesca con il palamito, introducendo anche il divieto di usare verricelli elettrici per salparli.
Una vicenda che sta provocando non poche polemiche e che ha spinto Claudio Muzio di Fi in  consiglio regionale della Liguria, con il sostegno del consigliere sempre di Fi Angelo Vaccarezza a depositare una interrogazione attraverso la quale viene chiesto al ministro di rivedere la stretta all’utilizzo dei palamiti per la pesca sportiva. 
«La protesta contro il decreto del Masaf – ha evidenziato Muzio – si sta allargando a molti territori e personalmente sono stato contattato da pescatori dilettanti ed associazioni di pesca ricreativa della Toscana, del Lazio e della Calabria: con loro stiamo valutando di assumere iniziative comuni in difesa della pesca col palamito». 

Specificatamente per quanto riguarda la Calabria, infatti, hanno già aderito alla protesta: Albatros di Francesco granato; Agrisport fortini pesca; Mondo della pesca di Sproviere Marco (Rende); NSnauticaravans di Natalino Scarpelli (Vadue di Carolei cs); Live on Boat (Castrovillari); Extremo di Conforti Francesco (Cs); Tassone Sport Fishing (Cirò Marina, Kr); Ionio Pesca di Davide Chiera (Caulonia, Rc); Nautica mediterranea. Cetraro.

Il decreto ministeriale, per come evidenziato dagli azzurri livornesi «è stato un atto improvviso e improvvido, assunto senza alcun confronto, che va a colpire in maniera indiscriminata le migliaia e migliaia di persone che praticano la pesca con il palamito rispettando le regole in maniera rigorosa. La strada maestra sarebbe stata quella del rafforzamento dei controlli, invece si è preferito mortificare chiunque pratichi questo tipo di pesca con misure che, di fatto, la inibiscono e che causeranno l’abbandono di questa pratica da parte di tanti appassionati. Invece che punire chi non rispetta le regole, si è scelto di punire chiunque cali i palamiti».

Per questo Muzio e Vaccarezza hanno chieesto a gran voce che «questo decreto venga rivisto. Scaricare sui pescatori dilettanti la colpa dell’impoverimento della risorsa ittica è un’assurdità inaccettabile. Quella con il palamito è una tradizione antica di secoli, una pesca selettiva, che vogliamo continuare a difendere, come qui in Consiglio Regionale facciamo ormai dal 2016. Ci muoveremo anche per approfondire e verificare la presenza, nel decreto del Masaf, di eventuali profili di illegittimità. E’ una battaglia che porteremo avanti a livello regionale e nazionale. Per difendere la nostra storia, una passione sana e le emozioni che il rituale della pesca con il palamito regala».

In merito sempre all’utilizzo del palamito, il Consorzio Nautico di Livorno, ha fornito delle informazioni molto utili anche per i non addetti ai lavori proprio per fare comprendere l’inutilità del provvedimento adottato dal ministero.

«Si dice che il palamito non sia un sistema di pesca che possa permettere il catch and release, di non permettere il rilascio di pesci vivi secondo la misura minima di legge. Ma questo si può dire anche per i professionisti che anche loro hanno obblighi di misura per legge, basterebbe che s’imponesse l’obbligo di una misura minima degli ami o l’uso obbligatorio di circle-hook e il problema si risolverebbe».

E, ancora: «Si può dire che sia scientificamente provato che più grande è l’amo, più grandi sono le taglie delle catture e non il contrario. Si pone anche il dubbio sulla validità del catch and release perchè ci risultano studi che valutano nel 30% il tasso di mortalità dei pesci rilasciati, che non è di poco conto».

Si dice ancora che «con il palamito sia facilmente raggiungibile il limite di 5 Kg per persona. Ma allora ci domandiamo perché questo strumento e stato quasi totalmente abbandonato dai professionisti che non avrebbero avuto neppure l’obbligo dei 200 ami come gli sportivi prima del decreto? Non neghiamo che qualche sportivo scorretto ci sia, ma questo vale anche e forse sopratutto per i professionisti. Allora perché fare di tutta un erba un fascio impedendo di fatto con quel decreto di impedire a decine di miglia di pesca sportivi corretti di praticare la pesca con il palamito? Non sarebbe stato meglio per impedire il bracconaggio fare come in altri paesi, imporre al pescasportivo di praticare al pescato il taglio della pinna caudale inferiore, cioè mezza coda?».

Infine: «Infine pare che il palamito sia uno strumento dannoso per la pesca, adducendo la non selettività e quindi non idoneo alla conservazione delle specie ittiche, ci risulta invece che sia scientificamente provata la sua alta selettività nei confronti di sistemi di pesca professionali, vedi reti da posta e a strascico. Sul bog del mare “Marinaio” si cita  un articolo uscito sulla rivista Nature (Deep-water longline fishing has reduced impact on Vulnerable Marine Ecosystem, Nature, Scientific Reports) valuta l’impatto sugli organismi bentonici di una singola rete a strascico paragonabile a quello di circa 1000 palamiti di 3600 ami ciascuno e ne promuove pertanto l’uso come tecnica di pesca commerciale sostenibile».

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