BOGOTA’ – Ospitiamo di seguito, per doveroso diritto di replica, la missiva che Alfonso Cortes Grueso ci fa recapitare dalla Colombia (https://www.calabriainchieste.it/2024/02/08/arrestato-il-narcotrafficante-e-latitante-alfonso-cortes-grueso-la-procura-di-reggio-chiede-lestradizione/) ad alcune settimane di distanza dal suo arresto, avvenuto il 23 gennaio scorso, su richiesta della Procura di Reggio Calabria ai fini di estradizione.
L’accusa a suo carico è di traffico internazionale e detenzione di sostanze stupefacenti.
«Innanzitutto chiarisco che non sono un narcotrafficante, in secondo luogo non ho mai voluto eludere la giustizia italiana né alcun paese, il paese Italia, poiché ero in procedura di asilo politico, mi hanno dato la deportazione nel mio paese e ho dovuto lasciare quel paese entro 8 giorni.
I carabinieri non hanno mai trovato nulla per me, in cui mi sono dedicato a lavorare, avevo un negozio di prodotti latini che portavo avanti con molta fatica e lavoravo nella mia compagnia di intrattenimento che lavorava con artisti di statura internazionale.
Ora, dopo tanti anni, nessun Paese può accusarmi di traffico di droga e tanto meno il Paese Italia perché sono sempre andato in giro con lo stesso nome e numero di matricola con cui ero in Procura di Padova chiarendo questo situazione e l’avvocato Federico Plaino non è mai riuscito a comunicarmi nulla per cui mi trovo privato della libertà nella città di Bogotà.
Sono disposto a chiarire la situazione ma a non nuocere alla mia vita dopo avermi distrutto e lasciato come ero. Peggio ancora, lo chiarisco ancora, non sono mai uscito dal territorio italiano, ma mi hanno costretto ad andarmene da lì. Non ero latitante. Vorrei chiarire tutta la situazione attraverso un colloquio. Voglio giustizia.
Non è così giusto che dopo tanti anni mi hanno accusato di qualcosa, ma non hanno mai fatto un esame e vengono a rovinarmi la vita e il futuro dei miei figli, sono cagionevole di salute dove ho due figlie minorenni di cui una di 3 anni vecchio e il più giovane che ha 1 anno e mia figlia maggiore che soffre di cancro ed è in cura, che dipende da me, sono il capofamiglia della mia famiglia».
E infine: «E la seconda volta mi sono trovato nella finanziaria guardia della Calabria, mi hanno trattenuto per 4 ore, non hanno trovato nulla, solo la valigia dei miei vestiti, tengo a precisare che stavo solo fornendo un servizio per la mia compagnia di animazione, come ho fatto a Cantana e in molte parti d’Italia e in Europa quello che ci tengo a precisare è che non ci sono mai stato, dall’Italia ogni volta che parlavo del mio lavoro lo confondevano con la droga»