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La consigliera regionale Amalia Bruni (Pd) sostiene la manifestazione “Basta vittime sul lavoro”

A Cosenza una mobilitazione «contro la logica che vuole il “mercato” e la competizione prevalere sui diritti dei lavoratori e delle lavoratrici»

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CATANZARO – «Quattro ore di sciopero, manifestazioni in tutta Italia, anche in Calabria, per richiamare l’attenzione sui dati drammatici relativi ai morti sul lavoro ed invitare ad una mobilitazione contro la logica che vuole il “mercato” e la competizione prevalere sui diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.

E questo mentre si piangono le vittime della strage di Suviana, dove l’esplosione della centrale idroelettrica è costata la vita a quattro operai, con numerosi feriti e dispersi».

È quanto afferma la consigliera regionale del Pd, Amalia Bruni.

«Sono vicina ai lavoratori e alle lavoratrici che, richiamati in piazza da Cgil e Uil, hanno sfilato a Cosenza: mai come adesso è necessario allargare la mobilitazione a sostegno delle rivendicazioni del sindacato sulla salute e sulla sicurezza in tutti i luoghi di lavoro», spiega Bruni.

E aggiunge: «Si è smarrito il senso più profondo della dignità del lavoro e con esso della vita stessa.

Nel corso degli ultimi 10 anni, sono state quasi 15mila le persone che hanno perso la loro vita lavorando.

In Italia, rispetto a molti paesi europei, in particolare quelli del Nord, si registra un tasso molto più elevato di incidenti sul lavoro e di morti.

I numeri degli incidenti mortali sul lavoro denunciati all’Inail sono impietosi: nel 2023 sono stati oltre 1.041, quasi tre morti al giorno.

Le denunce di infortunio totali sono state 585mila. In Calabria, lo scorso anno, sono 46 i lavoratori morti sul lavoro in Calabria, uno ogni 40mila abitanti, un numero che sale a 86 se si prendono in considerazione anche le morti provocate da incidenti mentre si va o si torna dal lavoro. Cosa ci svelano questi dati? Che il modello di fare impresa vigente non va bene, va cambiato».

«Morire sul luogo di lavoro non è un caso, una tragica fatalità. Assenze di regole, sfruttamento, subappalti e soprattutto il mancato rispetto delle norme sulla sicurezza: le aziende che non sono in regola vanno fermate.

A norme rigorose sulla sicurezza debbono corrispondere monitoraggi e controlli adeguati», sottolinea Amalia Bruni.

E conclude: «Vanno adottate specifiche politiche di prevenzione anche attraverso la formazione, a fronte di una manodopera sempre più precaria, con contratti di lavoro a termine o in somministrazione, di breve o brevissima durata.

Bisogna intervenire sul modello di sviluppo in cui si cerca di guadagnare competitività attraverso la compressione del costo del lavoro. Da questo bisogna ripartire per invertire il trend delle statistiche, ricordando che non parliamo di numeri ma di persone»