Home Cronache Detenuto cetrarese tenta di togliersi la vita ingerendo candeggina, l’appello dei parenti

Detenuto cetrarese tenta di togliersi la vita ingerendo candeggina, l’appello dei parenti

Mattia Spanò, ristretto presso il carcere di Siano, sta scontando una condanna a 6 anni di reclusione per avere, nel settembre 2021, tentato di uccidere la madre

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CETRARO (Cs) – Detenuto di 29 anni di Cetraro avrebbe tentato di togliersi la vita in carcere ingerendo candeggina. Si tratta di Mattia Spanò, ristretto presso il carcere di Siano (CZ), dove sta scontando una condanna a 6 anni di reclusione per avere, nel settembre 2021, tentato di uccidere la madre. Il giovane, è stato trasportato in ospedale e sottoposto alle cure del caso, e ora è fuori pericolo.

Mattia Spanò, difeso dall’avvocato Marco Bianco, soffre di disturbi psichici come risulta dalla perizia stilata dallo psichiatra Giacomo Pantusa, consulente per la difesa durante il processo, dalla quale risulta che è sostanzialmente seminfermo. Con questo termine si intende uno stato mentale tale da diminuire grandemente la capacità d’intendere e di volere, ma senza escluderla, che può comportare un’attenuazione della pena, ma senza eliminare l’imputabilità.

Da tempo Francesco Spanò e Paolo Spanò, rispettivamente papà e zio di Mattia si stanno battendo affinché il giovane possa essere trasferito presso una Residenza per l’esecuzione della misura di sicurezza (Rems) e scontare lì il resto della pena.

Si tratta di strutture sanitarie adibite all’accoglienza di autori di reato ritenuti infermi o seminfermi di mente, nonché socialmente pericolosi alla luce dei criteri delineati dall’art. 133 c.p. Sono vere e proprie istituzioni deputate alla riabilitazione dei soggetti ospitati, mediante l’attuazione di progetti individuali.

In Calabria, purtroppo, sono presenti soltanto due Rems, una a Girifalco nel catanzarese e l’altra a Santa Sofia d’Epiro nel cosentino, ognuna delle quali dispone di soli 20 posti. Un numero esiguo per accogliere i tanti condannati con problemi mentali.

«Mio nipote non è nelle condizioni di poter continuare a scontare la pena in un carcere – dichiara Paolo Spanò, zio di Mattia – Temiamo seriamente che, spinto dalla disperazione, anche a causa dei continui litigi con gli altri detenuti, possa nuovamente tentare un gesto estremo. Per questo chiediamo che sia trasferito, con urgenza, in una struttura adeguata per essere curato».

Paolo Spanò rivolge, quindi, un accorato appello al Garante regionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, avvocato Luca Muglia, «affinché intervenga per trovare una soluzione alternativa al carcere per la situazione di mio nipote prima che sia troppo tardi».

Il Garante regionale, infatti, in ossequio al senso di umanità ed alla funzione rieducativa delle pene, stabiliti dall’art. 27 comma 3 della Costituzione, contribuisce a tutelare i diritti delle persone detenute e di coloro che sono sottoposti a misure comunque restrittive o limitative della libertà personale, promuovendone e assicurandone il rispetto, favorendone, il recupero e il reinserimento nella società.

A ciò si aggiunge un’altra problematica. «Mio fratello, papà di Mirko – spiega ancora Paolo Spanò – è su una sedia a rotelle e ogni volta che va a colloquio con il figlio nel carcere di Siano non riesce a parcheggiare nel posto auto, poco distante dall’ingresso, riservato ai disabili perché sempre occupato da non disabili.

E quindi, non trovando posto, devo accompagnare mio fratello in carrozzina in un lungo percorso, inadatto a un disabile nelle sue condizioni. Per motivi di lavoro non posso sempre accompagnare mio fratello ai colloqui, per questo chiedo che, viste le due difficoltà, al suo arrivo nel carcere sia affidato a personale competente affinché possa incontrare il figlio in tutta sicurezza.

Più volte ho scritto alla direzione del carcere di Siano segnalando questa problematica, ma ad oggi non ho avuto alcuna risposta».

fiorellasquillaro@calabriainchieste.it