AGI – Il Codacons ha presentato un ricorso al Tar del Lazio in materia di acqua potabile, portando dinanzi ai giudici la questione degli apparecchi sempre più diffusi in Italia per il filtraggio e trattamento delle acque, e chiedendo al tribunale amministrativo di annullare gli atti del Ministero della salute.
«Negli ultimi anni si è registrata nelle case italiane e negli esercizi pubblici come i ristoranti una crescente diffusione di dispositivi destinati al trattamento di acque finalizzate al consumo umano – spiega il Codacons – Trattamenti che non hanno lo scopo di rendere potabile un’acqua che non lo sia già morfologicamente, ma di consentire modifiche nelle caratteristiche organolettiche, ossia di “raffinare” le acque per utilizzi domestici».
Il Ministero della Salute, «col decreto 7 febbraio 2012, n. 25 recante “Disposizioni tecniche concernenti apparecchiature finalizzate al trattamento dell’acqua destinata al consumo umano” si prefigge di “garantire che i trattamenti non pregiudichino la qualità delle acque, già idonee sotto il profilo sanitario, che le apparecchiature di trattamento garantiscano gli effetti dichiarati e che l’informazione completa sugli effetti dei trattamenti sia adeguatamente fornita al consumatore”, ma non prevede specifici controlli da parte delle Autorità sanitarie competenti proprio sulle acque trattate e/o filtrate utilizzate in commercio».
La normativa vigente «riduce a un mero onere del produttore/distributore la conformità del dispositivo destinato al trattamento delle acque a uso umano, andando a sostituire di fatto il controllo da parte delle Autorità sanitarie competenti, quali enti imparziali e con maggiori garanzie sulla qualità del prodotto destinato ai consumatori».
L’utilizzo di apparecchiature per il trattamento delle acque «può avere anche ripercussione sul fronte sanitario: a seconda delle tecniche usate, può ridurre o anche eliminare minerali come ad esempio il calcio e/o il magnesio (nella tecnica a osmosi inversa), nonché comportare al contrario un aumento del sodio (soprattutto nella tecnica di filtrazione a scambio ionico) fortemente sconsigliata, a fini preventivi, per tutta la popolazione (e in particolare per chi soffre di patologie quali diabete, ipertensione ecc.», spiega ancora il Codacons nel ricorso. Non solo.
«La commercializzazione di acqua trattata deve essere supportata da una completa informazione (soprattutto in merito alla composizione dell’acqua, ai trattamenti applicati e ai suoi effetti) al fine di evitare che l’utilizzatore non sia fuorviato e/o confuso nella propria scelta e non arrivi a considerare che la stessa c.d. “acqua trattata” possa essere similare o anche migliore o più salutare dell’acqua minerale, come sembrano suggerire alcuni claims utilizzati per pubblicizzare tali prodotti, privi di indicazioni anche scientifiche sulle qualità e sulle caratteristiche dell’acqua. Aspetti questi ultimi su cui dovrà fare luce l’Antitrust alla luce della possibile ingannevolezza dei messaggi rivolti al pubblico».
Per tali motivi il Codacons, «alla luce del nuovo scenario determinatosi in Italia a seguito della diffusione degli apparecchi per il trattamento delle acque destinate al consumo umano, ha chiesto al Tar di annullare il decreto 25/2012 del Ministero della salute, che non prevede specifici controlli da parte delle Autorità sanitarie competenti proprio sulle Acque trattate e/o filtrate utilizzate in commercio (Agi).