L’INTERVENTO – Non soltanto il Sud deve smettere di continuare a piangere e, aggiungo, a piangersi addosso, ma le popolazioni delle regioni meridionali, Calabria in primis, devono prendere definitivamente atto che non è più tollerabile accettare supinamente che si reiterino a tutti i livelli istituzionali classi politiche e di governo incapaci ed inadeguate rispetto alla sfida della gestione efficace ed efficiente delle ingenti risorse economiche disponibili.
Condivido e rilancio le affermazioni del Ministro per la Protezione Civile Nello Musumeci sulla riforma dell’autonomia differenziata per le regioni a statuto ordinario, il cui disegno di legge d’iniziativa governativa, collegato alla manovra di finanza pubblica è stato approvato nei giorni scorsi dalla Camera dei Deputati.
Ha perfettamente ragione l’ex governatore siciliano Musumeci quando ribadisce che noi dobbiamo competere col Nord sapendo che i nostri obiettivi sono diversi da quelli delle Regioni settentrionali.
Ed ha ragione quando sostiene che per fare questo dobbiamo liberarci dalla teoria della questione meridionale. Noi dobbiamo liberarci di una classe dirigente che, come i numeri certificano senza appello, non è all’altezza del governo del Sud. Senza se e senza ma, serve meritocrazia. E l’autonomia differenziata non può che favorire questo cambiamento.
Ecco perché non condivido ovviamente talune dichiarazioni populistiche e demagogiche che si stanno leggendo in questi giorni, anche nell’ambito dello stesso centro destra di governo e che, come ha fatto benissimo a censurare anche l’attuale Presidente della Sicilia Renato Schifani, appaiono quanto meno contraddittorie ed incoerenti rispetto alla linea unitaria che l’intera coalizione ha preservato fino ad oggi anche su questo tema.
Anche perché c’è una finestra privilegiata di osservazione dell’autonomia differenziata, diametralmente inversa a quella di chi se ne lamenta da sempre per ideologia o, come sta accadendo in queste ore, dopo averla approvata e quindi per mero opportunismo politico.
E questa finestra è quella della spesa o se si preferisce dello spreco delle risorse pubbliche per il cosiddetto turismo che nelle regioni meridionali, dai comuni alle regioni, resta da decenni un buco nero senza uscite e senza alcuna corrispondenza minima con i risultati che ci si dovrebbe attendere da un qualsiasi investimento.
Ecco dove si misura una classe politica che invece di lamentarsi dovrebbe guardarsi allo specchio e prendere atto dei fallimenti prodotti sicuramente in perfetta autonomia, dissipando cifre faraoniche senza alcuna visione, senza alcuna programmazione, senza metodo, senza comparazione e misurazione dei risultati che, in effetti, non solo non ci sono ma che certificano solo catastrofi di cui però non si parla, di cui nessuno, a tutti i livelli, si assume alcuna responsabilità, salvo poi urlare contro il fantasma dell’autonomia differenziata.
Volete un esempio? Il report sull’andamento turistico in Italia nel 2023, pubblicato nelle scorse settimane dal Ministero del turismo e Istat, è letteralmente impietoso e non lascia adito ad alcuna diversa interpretazione.
Tra il 2019 e il 2023 gli arrivi nelle strutture ricettive italiane crescono di 3 milioni di unità (+2,3% rispetto al 2019), mentre le presenze turistiche crescono di 14,5 milioni (+3,3%). Sono circa 16 milioni gli arrivi in più rispetto al 2022 (+13,4%) e oltre 39 milioni le presenze (+9,5%).
Sapete quale è la regione che, tra le sole 7 non ha recuperato del tutto rispetto al 2019, ha fatto registrare il dato peggiore? È, purtroppo, la Calabria, con quasi un meno 19% che probabilmente salirebbe e di molto se dovessimo togliere il dato invece positivo fatto registrare dalla Costa degli Dei, in particolare tra Capo Vaticano e Zambrone.
Eppure nessuno ne parla. Non c’è dibattito sul tema che sembra disinteressare tutti, dai media alla rappresentanze istituzionali di tutti i partiti politici che si dividono forse sul sesso degli angeli o su altro che però non ci è dato conoscere.
Ed allora, altro che pianti e lamenti sull’autonomia differenziata! La domanda da porsi tutti sarebbe questa: in questi anni quanto è stato speso dalle istituzioni pubbliche, Regione Calabria in testa? Non vi sono rendicontazioni. Non si chiede conto della spesa. Non si analizzano errori.
Non si parla dei bandi che non vengono fatti o dei ritardi nei risultati dei pochi che giungono a termine. Ci sono strategie a medio e lungo termine su cui confrontarsi? Ci sono piani di contenuti, comunicazione e marketing degni di questo nome? Si spende solamente. Senza alcun risultato. Così come sentenzia, piaccia o meno, la legge impietosa dei numeri.
E quindi, a chi ed a cosa serve alimentare lo spauracchio dell’autonomia differenziata se, chi più chi meno, al Sud o non si riescono a spendere le ingenti risorse destinate da Stato ed Unione Europea o quelle che si spendono non producono risultati ma perdite continuative? Non possiamo più permetterci classi di governo inadatte al ruolo.
E fin quando non capiremo e partiremo da qui, continueremo soltanto a piangerci addosso, subendo come è normale che sia ed al netto di gap storici di cui noi stessi dobbiamo saper governare il superamento progressivo, la capacità competitiva di altri territori e regioni italiane ed europee.
Giovanni Macrì, sindaco di Tropea dal 2018 al 2024