PAOLA (Cs) – C’erano cinque presunti diffamatori dietro il profilo facebook “Medardo di terralba”, come certificato dalle attività peritali dell’ingegnere Giuseppe Spina, delegato dalla procura della Repubblica di Paola nell’ambito del procedimento che vede quali parti offese l’ex consigliere regionale Graziano Di Natale, il medico Lucio Sbano, l’avvocato Vincenzo Fedele, l’attuale assessore comunale Pasquale Filella, i fratelli Marco e Antonio Aloise, la signora Anna Nicolino Ventura, moglie del noto imprenditore Francesco Ventura (https://www.calabriainchieste.it/2024/06/18/profilo-fake-medardo-di-terralba-chiude-le-indagini-ordinato-il-sequestro/#google_vignette).
Allo stato due soli sono, tuttavia, gli indagati: i fratelli paolani accusati d’aver gestito il profilo falso (un vigile del fuoco e un falegname), mentre gli altri nomi emersi dalle perizie, saranno oggetto, secondo quanto si è appreso, di querele per diffamazione in separata sede (entro i 90 giorni di legge), ma anche azioni risarcitorie.
Tutti si celavano dietro un profilo falso e, collaborando tra di loro, si scambiavano scritti considerati fortemente diffamatori.
Anzi, da ciò che emerge, i due fratelli avrebbero vestito i panni di meri esecutori materiali (“teste di legno”), imbeccati da una coppia di Paola (un lavoratore privato e la sua compagna) e da un professore di scuola superiore, che inviavano materiale e che, comunque, rappresentavano la testa di ponte tra i due esecutori, unitamente – si presume – un gruppo di altre persone che foraggiavano la pratica della “diffamazione” anonima, senza mai metterci la faccia.
E ciò, soprattutto, in periodo elettorale, colpendo tutte le coalizioni, eccetto una.
Di Natale era il più bersagliato: messaggi sul suo conto sono stati trasmessi pure alle ore 4 di mattina, mentre la password del profilo falso era “ditoanale” (così veniva appellato Di Natale). La sua querela è stata determinante per smuovere Facebook, che solitamente non risponde mai nemmeno alle Procure.
La querela di Graziano Di Natale ha infatti narrato argomenti che, purtroppo, vedevano quali vittima dei presunti diffamatori anche i figli minori, ecco perché Facebook ha riscontrato la richiesta della Polizia Postale, fornendo gli atti.
Una email falsa era stata invece realizzata usando il nome di un parente dell’ex sindaco Roberto Perrotta.
Gli avvocati di parte stanno analizzando i fascicoli perché vogliono scatenare una dura battaglia contro i presunti diffamatori, in sede penale e anche civile, verosimilmente anche per risalire a chi muoveva realmente le fila.
Vedremo, dunque, come si evolverà la vicenda, e se in dibattimento si riuscirà a dimostrare la tesi delle vittime o, perché no, quella dei leoni da tastiera.