Home Cronache Il parroco: «Non temo il clan Muto, temo la cultura ‘ndranghetista ormai...

Il parroco: «Non temo il clan Muto, temo la cultura ‘ndranghetista ormai radicata sul territorio»

Don Francesco non ha nascosto la sua delusione perché l’amministrazione comunale di Cetraro, il questore e il prefetto non hanno fatto nulla per impedire che il concerto di Benincasa si tenesse

2919
0

CETRARO (Cs) – «Io non temo il clan Muto, temo la cultura ‘ndranghetista che è ornai radicata in tanti abitanti di questo territorio».

É quanto ha detto don Francesco Lauria, parroco della parrocchia San Benedetto Abate intervenendo ieri sera nel porto di Cetraro nel corso della manifestazione “L’approdo della legalità”, organizzata dall’associazione “La tazzina della legalità”.

Il sacerdote, parlando di legalità, è tornato sulla vicenda del concerto del cantante neomelodico calabrese, Salvatore Benincasa che in alcuni suoi brani che circolano su youtube inneggia alla mafia.

Il concerto, organizzato dall’associazione Aps Santa Lucia, si è tenuto come da programma, il 20 agosto contestualmente alla presentazione sul porto di Cetraro, del docufilm di Giulia Zanfino sul delitto di Giovanni Losardo, su un terreno di proprietà della parrocchia dato in comodato d’uso all’associazione.

Comodato revocato, come minacciato da don Francesco, a seguito dell’esibizione del tanto contestato artista, mentre l’amministrazione comunale e la Pro Loco si sono limitati a togliere il patrocinio alla manifestazione.

Una decisione, quella del parroco, ritenuta ingiusta dal locale circolo di Forza Italia che ha invitato don Francesco a fare un passo indietro, visto che l’Aps si è sempre spesa per il bene della comunità e a titolo gratuito.

«Vengo da una settimana di gogna mediatica – prosegue don Francesco – anche alla luce degli ultimi fatti che sono successi su questo territorio. Non sto qui a giudicare la buona intenzione, ma chi nell’errore ha continuato a perseverare. Noi non condanniamo il peccatore ma il peccato.

Nel momento in cui il peccato ti viene posto innanzi e tu puoi scegliere se fare il bene o compiere il male, lì stai firmando la tua condanna. Ecco cosa fa la Chiesa, discernimento, apre le menti, non la giustizia perché questa mette in atto il diritto. Non sempre, perché, a volte la giustizia non sempre viene applicata in modo equo, ma io aiuto la moralità e l’etica.

L’etica prescinde dalla giustizia perché ti mette innanzi il bene e il male e tu decidi se compiere il bene o continuare a navigare nel male. Allora, la Chiesa innanzi tutto promuove le giovani generazioni, l’uomo è stato creato per il bene.

Potenzialmente tutti siamo per il bene, purtroppo, non sempre riusciamo a metterlo in atto. A un giovane dico che tu sei bellezza, che ti puoi riscattare, che puoi fare la differenza su questo territorio, ma io da solo non ce la faccio, dobbiamo fare rete – sottolinea il sacerdote – Ma fare rete non significa cercare consensi politici, quando associazioni o gruppi diventano costole della politica.

Non possiamo fare rete così, non possiamo continuare a fare delle passerelle e riempirci la bocca della giustizia e della legalità, e poi quando hanno bisogno di scelte impopolari ci tiriamo indietro».

Don Francesco non ha nascosto la sua delusione perché l’amministrazione comunale, il questore e il prefetto non hanno fatto nulla per impedire che il concerto si tenesse.

«Innanzi a una lotta che uno cerca di portare avanti a dei giovani che poi ti rispondono “don noi siamo con te, noi ci mettiamo la faccia ma ci sentiamo soli” allora io alzo le spalle e mi affido al buon Dio.

La differenza è nella cultura e noi possiamo investire e cercare di cambiare questa mentalità e far capire che il famoso slogan “che male c’è” è il primo indice del male. Il male ha così annebbiato la tua vita – ha concluso – che non riesci più a distinguere ciò che è bene da ciò che è male. Il cristiano fa la differenza applicando ogni giorno la buona novella cioè il Vangelo».

fiorellasquillaro@calabriainchieste.it