Cariati

CARIATI (CS) – «A Cariati da 50 giorni si beve acqua non potabile? Ordinanza Sindaco un mese dopo analisi negative. Ed è ancora in vigore. 

Dall’8 agosto ad oggi, residenti ed ospiti di Cariati hanno bevuto ed utilizzato, continuando a bere e ad utilizzare l’acqua non potabile proveniente dai pozzi del Petraro. L’ordinanza del sindaco in merito è intervenuta un mese dopo. Perchè?».

A denunciare la «mancata tempestività da parte dell’Amministrazione Comunale, la scarsa trasparenza e l’assenza di comunicazione istituzionale», è il gruppo consiliare di opposizione L’alternativa C’è per il quale «il Sindaco, principale autorità sanitaria della città, si è reso protagonista e responsabile di una grave omissione, che ancora perdura, su una questione importante come la tutela della salute».

GRAVE OMISSIONE: RISULTATI 8 AGOSTO. ORDINANZA SINDACO 5 SETTEMBRE.

«Con l’ordinanza, infatti, del Primo Cittadino datata 5 settembre venivamo a conoscenza – sottolineano – della non potabilità dell’acqua proveniente dai pozzi del Petraro che serve quasi tutto il territorio comunale. La circostanza grave è che l’ordinanza sindacale in questione chiariva come i controlli in merito fossero stati effettuati quasi un mese prima, esattamente l’8 agosto. E da quei risultati, in possesso del Sindaco già da quella data documentata, emergeva la non potabilità dell’acqua».

ORDINANZA NON REVOCATA, I RISULTATI RIPETUTI RESTANO NEGATIVI?

Eppure la stessa acqua «è stata bevuta ed utilizzata questa estate, da cittadini e turisti inconsapevoli del rischio che correvano per la propria salute. E continua ad essere bevuta ed utilizzata anche adesso perché quella stessa ordinanza sindacale non risulterebbe essere stata mai revocata, lasciando supporre che i dati delle analisi (ripetute sicuramente dall’8 agosto ad oggi) siano rimasti negativi».

ACQUA NON POTABILE DISTRIBUITA CON MEZZI INCERTI NEL CENTRO STORICO

Non solo, «nel corso dell’estate, quella stessa acqua dichiarata non potabile sarebbe stata addirittura distribuita, come riferito dall’ufficio tecnico comunale, non si sa bene attraverso quali mezzi, tra i residenti del centro storico. Per quale motivo l’Amministrazione Comunale – si chiede l’Alternativa C’è – pur essendo in possesso dei risultati, ha atteso più di un mese per emanare questa ordinanza ed intervenire a tutela della salute pubblica? Per quale ragione si è volutamente messa a rischio la salute pubblica, addirittura con la distribuzione? Siamo di fronte ad un grave atto di omissione di comunicazione istituzionale e di negligenza».

 DIVIETO BALNEAZIONE S.PAOLO MAI COMUNICATO E SENZA CARTELLI IN SPIAGGIA

Sempre nel mese di agosto «si è verificato un caso altrettanto grave, che testimonia il vuoto informativo e l’allergia alla trasparenza dell’Amministrazione Comunale. Il 13 agosto il comune ha emanato un’ordinanza con la quale dichiarava non balneabile il tratto costiero di via San Paolo, nei pressi di via Basilicata, a causa di una perdita della condotta fognaria comunale. Tale ordinanza, però, non è mai stata pubblicizzata debitamente attraverso i media per metterne diffusamente a conoscenza la popolazione, né tantomeno sono stati affissi i cartelli di divieto di balneazione nell’area interessata, come pure previsto dalla legge. Perchè?».

ASSESSORE AL RAMO IMPEGNATO FORSE A TUTELARE CHI HA OCCUPATO TERRENI

«Se queste informazioni di pubblica utilità non vengono trasmesse, a cosa serve del resto l’ufficio stampa comunale? In entrambi i casi, circostanza ancora più grave, ci troviamo di fronte ad un reiterato attentato alla salute dei cittadini e degli ospiti, inconsapevoli di aver bevuto ed utilizzato per oltre un mese acqua non potabile e di aver fatto il bagno in mezzo ai liquami. Molto probabilmente – conclude l’Alternativa C’è – il competente assessore ai servizi pubblici e all’urbanistica Tommaso Critelli che avrebbe potuto sopperire all’inerzia del Sindaco era e resta troppo impegnato a tutelare gli interessi di chi si è impossessato dei terreni dei cittadini, nonostante abbia perso tutte le cause in ogni grado di giudizio, invece di tutelare la salute pubblica».