PAOLA (CS) – Ennesimo allarme per le carceri della Calabria: e ancora una volta i problemi sono incentrati sull’uso ed il possesso di telefoni cellulari e droga.
La denuncia è del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe per voce dei segretari Salvatore Panaro e Gerardo Coscarella: «Ieri personale del Comando di Polizia Penitenziaria in forza al Reparto di Paola, nelle operazioni di contrasto all’introduzione di sostanze e/o armi all’interno del penitenziario, hanno sequestrato un cospicuo quantitativo di hashish e numero tre telefoni cellulari».
Le operazioni coordinate da ispettori e sovrintendenti della Polizia Penitenziaria «hanno intercettato sopra il muro che cinge la Casa Circondariale di Paola il pacchetto oggetto del reato, probabilmente lanciato dall’esterno verso l’interno della struttura carceraria. Questo è un dato interessante dal punto di vista della sicurezza e della legalità, poiché pur in presenza di carenza di personale la polizia penitenziaria riesce a contrastare gli illeciti messi in atto da quei detenuti che credono di poter continuare a delinquere anche nel carcere, ai quali nulla importa della loro rieducazione e inserimento sociale».
I sindacalisti del Sappe fanno «un plauso ai colleghi, ma nello stesso tempo chiediamo con forza, qualora individuati i mandanti fra detenuti, che essi vengano puniti in maniera esemplare e trasferiti fuori regione, per aver destabilizzato l’ordine la sicurezza la disciplina interna dell’istituto, e sottolineano come «ancora una volta la Polizia Penitenziaria, nonostante i scarsi mezzi a disposizione e la carenza di personale è riuscita ad intercettare oggetti illeciti destinati alla popolazione detenuta. Si ricorda che l’introduzione di telefonini e l’uso di cellulari e/o altri strumenti di comunicazione è reato penale punito da uno a quattro anni di pena. Come Sindacato rinnoviamo l’invito al Dap di schermare con un costo relativo dì qualche migliaio di euro anziché spendere soldi per acquistare strumenti che non hanno consentito di rinvenire nulla, gli istituti di pena evitando così a monte il problema», concludono Panaro e Coscarella.
Il Sappe evidenzia che «il carcere di Paola ospitava, lo scorso 31 agosto, 194 detenuti, a fronte dei circa 180 posti: 41 gli imputati e 153 i condannati mentre gli stranieri ristretti erano 53, il 28% circa dei presenti. Dai dati forniti dal Dap, da maggio ad agosto 2024 a Paola sono stati molti gli eventi critici tra le sbarre del carcere: 32 resistenze ed ingiurie, tre proteste collettive con battitura ed 1 rifiuto di rientrare in cella. 11 i poliziotti feriti, con prognosi fino a 7 giorni», rimarca Donato Capece, segretario generale del Sappe, che esprime apprezzamento ai poliziotti del carcere paolano per la brillante operazione di servizio condotta.
E, ancora: «Non sappiamo più in quale lingua del mondo dire che le carceri devono essere tutte schermate all’uso di telefoni cellulari e qualsiasi altro apparato tecnologico che possa produrre comunicazioni nonché altrettanto necessario è prevedere uno specifico reato penale per coloro che vengono trovati in possesso di cellulari in carcere. I penitenziari sono sicuri assumendo i provvedimenti necessari per potenziare i livelli di sicurezza e nuovi Agenti di Polizia Penitenziaria».
Anche i droni, «se da un lato hanno grandi possibilità di sviluppo, comportano, però, anche innumerevoli questioni in termini di privacy e di sicurezza, in quanto per la loro natura si prestano ad essere impiegati in diverse attività illecite».
Con riferimento alla sicurezza negli Istituti penitenziari, «è dal 2015 che abbiamo denunciato l’introduzione illecita di sostanze stupefacenti, e di oggetti comunque non consentiti, all’interno degli Istituti penitenziari, mediante appunto l’utilizzo dei droni». Per Capece, anche «il problema dell’ingresso della droga in carcere è questione ormai sempre più frequente, a causa dei tanti tossicodipendenti ristretti nelle strutture italiane. Dai dati in nostro possesso sappiamo che quasi il 30% delle persone, italiane e straniere, detenute in Italia, ossia uno su tre, ha problemi di droga».
Per chiarezza va ricordato che «le persone tossicodipendenti o alcoldipendenti all’interno delle carceri sono presenti per aver commesso vari tipi di reati e non per la condizione di tossicodipendenza. La loro presenza comporta da sempre notevoli problemi sia per la gestione di queste persone all’interno di un ambiente di per sé così problematico, sia per la complessità che la cura di tale stato di malattia comporta. Non vi è dunque dubbio che chi è affetto da tale condizione patologica debba e possa trovare opportune cure al di fuori del carcere e che esistano da tempo dispositivi di legge che permettono di poter realizzare tale intervento».
Questa potrebbe essere la strada «da seguire per togliere dal carcere i tossicodipendenti e limitare sempre di più l’ingresso di sostanze stupefacenti, unito ovviamente a tutte le attività di prevenzione, come l’utilizzo delle unità cinofile che sono anch’esse fondamentali nel contrasto dei tentativi illeciti e fraudolenti di ingresso e smercio di droghe in carcere».
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