Home Calabria Ciacco e Alimena “bastonano” Bevacqua: «Non intorbidisca il confronto sulla città unica»

Ciacco e Alimena “bastonano” Bevacqua: «Non intorbidisca il confronto sulla città unica»

«All'amico capogruppo regionale PD, Domenico Bevacqua, vorremmo rivolgere l'appello di non prestare il fianco a coloro che, sin dal primo momento, hanno cercato di intorbidire il confronto sulla ipotesi di costituzione della città unica».

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COSENZA – «All’amico capogruppo regionale PD, Domenico Bevacqua, vorremmo rivolgere l’appello di non prestare il fianco a coloro che, sin dal primo momento, hanno cercato di intorbidire il confronto sulla ipotesi di costituzione della città unica».
Così in una nota Giuseppe Ciacco, capogruppo PD Provincia di Cosenza e Francesco Alimena, capogruppo Pd Comune di Cosenza
«Insistere sul fatto che chi fa osservazioni critiche al metodo “non vuole la città unica solo per difendere il proprio orticello” è un modo strumentale e distorcente per offuscare, invece, il profilo impositivo e dispotico che presenta la modifica della legge regionale per la fusione dei Comuni e sulla base della quale, invece, è stato dato vita alle nuove città di Corigliano Rossano e Casali del Manco», denunciano i due politici.
«La maggioranza di centrodestra alla Regione – attaccano – ha effettuato un vero colpo di mano. Una norma evidentemente incostituzionale che il Governo Meloni non ha bloccato solo perché il presidente Occhiuto si era pronunciato a favore del disegno Calderoli per l’autonomia differenziata. Uno scambio vero e proprio a sostegno di due provvedimenti legislativi, quello regionale e nazionale, entrambi obbrobriosi».
E ancora: «Avrebbe fatto bene il gruppo regionale del PD ad avversare, innanzitutto ed efficacemente, la legge regionale nell’aula consiliare, in sede di esame e di approvazione e, successivamente, diffidando, formalmente, il Governo nazionale a impugnarla. Cosi, purtroppo non è stato.
E, allora, proporre ricorso al fine di ripristinare le regole democratiche e a tutela dei principi costituzionali, invocare che le funzioni delle Regioni si svolgano, coerentemente, in base ai poteri loro attribuiti dallo Stato, senza soffocare le prerogative dei Comuni e legiferando non in contrasto con la legislazione nazionale vigente, è un dovere democratico che deve, necessariamente, assolvere una forza della opposizione istituzionale.
E poi non si può continuare a fare finta di non capire che la questione sollevata esiste a prescindere dalla fattibilità della città unica di Cosenza. La norma obbrobrio approvata dal centrodestra e poi, purtroppo, sostenuta da Bevacqua e Iacucci interessa tutti i Comuni della Calabria.
Il potere di fusione attribuito dallo Stato alla Regione era stato già recepito dalla legislazione regionale. Infatti, il processo di fusione dei Comuni con cui sono stati istituiti Corigliano Rossano e Casali del Manco è stato governato dalla Regione.
Con la modifica di quella norma si dispone, invece, che la Regione oltre a presiedere il procedimento di fusione si auto-attribuisce il potere di scioglimento dei Consigli comunali. Un potere, quest’ultimo, di esclusiva competenza del Presidente della Repubblica. Non è un caso che se dovesse rimanere in vigore questa legge il Presidente della Regione Calabria sarebbe l’unico in Italia ad esercitare questo potere insieme al Presidente della Repubblica.
E allora che si eviti di inquinare il confronto, anche perché in risposta alla insinuazione della “difesa del proprio orticello” sarebbe facile affermare che il centrodestra ha pensato alla introduzione di questa norma come un artificio per cancellare l’esperienza amministrativa in atto nella città di Cosenza e Castrolibero.
Né vale la promessa che la legge della città unica entrerà in vigore nell’anno 2027. Questo annuncio, per ora, è solo un intento e non è neanche legge. E, fra l’altro, non c’è da meravigliarsi se, poi, dovessero essere gli stessi che oggi propongono di fare entrare in vigore la norma per l’avvio della città unica nel 2027 a dire che, ove mai dovesse svolgersi il referendum e a prevalere fosse il SI, è sensato votare nel 2025.
Questa condizione – rispetto alla quale non riusciamo a immaginare che lo stesso amico Bevacqua possa avere la forza o la volontà di neutralizzarla -, per quanto dannosa nella sua finalità, sarebbe, però, da considerarsi inevitabilmente responsabile, se non altro per evitare che dopo un solo anno, una parte considerevole di elettori verrebbe chiamata a votare per ben due volte: la prima per ridare a Rende, dopo un lungo commissariamento che ha segnato un onta per la città, il nuovo Consiglio comunale e la seconda per poi mandarlo a casa.
Sotto questo profilo, per quanto ci riguarda, ove mai dovesse svolgersi il referendum e a prevalere fosse il SI, riteniamo giusto ed inevitabile, dunque, che si vada al voto nel 2025 per dare avvio alla città unica.
Infatti, sarebbe un atto di grave sgrammaticatura democratica se il neoeletto organismo istituzionale di Rende avesse vita solo per un anno, per poi essere sciolto».