ROMA – Corre l’anno 2019. Luciano rientra a casa da lavoro, poi esce di nuovo e viene investito da un’auto pirata e rimane in coma in un letto d’ospedale fino al risveglio, cinque anni dopo. C’è solo un problema: è convinto sia il 1980, quando 24enne lavorava all’aeroporto di Fiumicino. E credeva di essere ancora quel ragazzo, inconsapevole di aver compiuto 63 anni. Svaniti 39 anni di ricordi.

Al Messaggero ha raccontato i particolari di quella giornata. Luciano chiede di chiamare la madre, e l’infermiere gli passa un telefono piccolo, apparecchio a lui sconosciuto. Qualche ora dopo gli annunciano l’arrivo di una signora. Nella sua stanza entra sua moglie, un’anziana a lui sconosciuta. “Mi chiamava ‘Luciano’. E io mi chiedevo come faceva a saper il mio nome”. Poco dopo si è presentato un uomo sui 35 anni, suo figlio. “Ma come poteva essere mio figlio un uomo nato molto prima di me? E poi quale moglie? Io non ero sposato – racconta Luciano – ma fidanzato, e non certo con quella donna che doveva averne quasi sessanta, ma con una ragazza di 19 anni”.