L'ex sinadco Macrì

TROPEA (Vv) – «Tropea è irriconoscibile, sembra di essere ripiombati negli anni bui del 2019/2021, quando crisi come quella delle discariche ci paralizzavano. Piccoli interventi di manutenzione ignorati, che giorno dopo giorno ampliano il danno (con conseguente aumento esponenziale dei costi di riparazione) e si ripercuotono sulla sicurezza, sul decoro urbano e persino sulla salute mentale di tanti cittadini. Fogne lasciate a cielo aperto per giorni, servizi essenziali che non partono affatto o arrancano, mentre il marketing territoriale e una programmazione minima non esistono».  

E’ questa la denuncia di Giovanni Macrì, già Sindaco di Tropea dal 2018 al 2024.

«Avevamo costruito qualcosa di vivo. La nostra città era diventata un punto di riferimento, un centro di eccellenza, un modello ammirato da realtà ben più importanti. Era un comune osservato e invidiato. Oggi vige l’apatia dilagante del tessuto socio-economico-culturale. Una città che, grazie a sacrifici duri e lungimiranti, si era fatta notare in tutto il Paese, oggi si lascia scivolare di tutto addosso».

Uno dei «segni più tristi e devastanti del fallimento della medievale norma sullo scioglimento dei comuni – continua Macrì – è il veleno dell’omertà, dilagante e inarrestabile, che questa ha instillato. Siamo in silenzio, prigionieri di un non vedo, non sento, non parlo collettivo che ci soffoca. Anche i leoni da tastiera più furiosi, quegli infaticabili censori sociali che un tempo sbraitavano per un’inezia fuori posto, per un po’ d’erba fra i ciottoli, ora tacciono. La loro voce – aggiunge il sindaco dissolto – si è spenta e quel loro silenzio è un’amara confessione della strumentalità degli attacchi che lanciavano quando la città era guidata da un’amministrazione eletta democraticamente e al tempo stesso della loro codardia. Non mi aspettavo altro da questi personaggetti; quello che invece un po’ mi addolora è vedere una città svuotata d’anima e priva di orgoglio e che ha perso la consapevolezza della propria recente storia».

Infine: «Non mi stancherò mai di urlarlo – conclude Macrì – anche la più preziosa delle fortune, se non viene coltivata e protetta, è destinata ad esaurirsi. Non possiamo avere paura di difenderla. Questo è un nostro diritto, il nostro patrimonio, l’eredità che lasceremo ai nostri figli. Svegliamoci».

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