NEW YORK – Donald Trump è il primo ex presidente americano a finire sotto inchiesta penale e in stato di arresto. Accusato di aver comprato il silenzio della pornostar Stormy Daniels e dell’ex coniglietta di Playboy Karen McDougal, con cui aveva avuto relazioni dieci anni prima, nonché quello di un portiere della Trump Tower che minacciava di rivelare un suo presunto figlio illegittimo.
Secondo il procuratore distrettuale Alvin Bragg, Trump avrebbe ripetutamente falsificato i documenti aziendali a New York per coprire comportamenti non trasparenti destinati a nascondere informazioni compromettenti agli elettori durante le elezioni del 2016. Il procuratore ha poi esposto i 34 capi di imputazione: tutti reati, anche se di classe E, il livello più basso, con una pena massima di 4 anni di galera.
“Non possiamo e non vogliamo normalizzare condotte criminali gravi, tutti sono uguali davanti alla legge“, ha aggiunto, ricordando che Trump rimborsò quei pagamenti al suo avvocato tuttofare Michael Cohen come spese legali fittizie, con assegni firmati nello studio Ovale.
Prima ancora di costituirsi nel blindatissimo tribunale di Manhattan, Trump si era scagliato sui social contro chi, secondo lo stesso ex presidente, lo avrebbe portato a questo “processo farsa”. Quindi, alzando il pugno in segno di lotta, ha raggiunto il tribunale scortato da un corteo di auto. È stato accolto da una folla composta da suoi sostenitori e suoi nemici che si sono fronteggiati a colpi di slogan e insulti, ma senza i temuti incidenti.
Una battaglia tra tifoserie opposte: “Usa, Usa”. “Trump 2024”, i cori dei fan accorsi al raduno dei giovani repubblicani, tra cui i controversi deputati Marjorie Taylor Greene e George Santos. “Lock him up” (sbattetelo dentro), la risposta degli anti-Trump, armati anche di cartelli con il tycoon in uniforme a strisce da carcerato. Tutto sotto controllo, a Collect Pond Park, con la supervisione della polizia.
The Donald è quindi entrato nel palazzo di Giustizia dal retro per il protocollo di rito, senza essere ripreso dalle tv in aula perché vietato dal giudice, ma seguito da un manipolo autorizzato di fotografi che lo hanno immortalato sul banco degli imputati in immagini che hanno fatto il giro del mondo e resteranno nella storia.
Ha dovuto rilasciare le impronte digitali al settimo piano, poi col volto imbronciato è salito al quindicesimo per la lettura dei 34 capi di imputazione. “Not guilty“, non colpevole, si è dichiarato l’ex presidente, pronto a trasformare il futuro processo già fissato per gennaio 2024 in un’arena politica, convinto che lo aiuterà a mobilitare la base e a vincere la nomination repubblicana per la Casa Bianca.
Luigi Sesti