Pietro, Fabio e Giuseppe Calabria, assieme a Gianluca Arlia

PAOLA (Cs) – Professionisti, imprenditori, ristoratori, commercianti: fiumi di cocaina e marijuana per tutti. In ogni momento della giornata. I nomi di insospettabili e chiacchierati sono impressi nell’ordinanza. Soggetti collegati a singoli pusher della cosca o loro controllori e, in ogni istante, riuscivano ad avere la roba da sniffare o fumare.

L’esistenza di un gruppo organizzato e strutturato in modo gerarchico, è comprovato da continui e stabili contatti tra i medesimi soggetti e dallo scambio di direttive finalizzato alla gestione delle attività di narcotraffico.

Al vertice della gerarchia si colloca Pietro Calabria, coadiuvato da vari soggetti organizzatori tra cui hanno rivelato un forte attivismo Andrea Tundis e Fabio Calabria.

I maggiorenti della consorteria coordinano le attività e cedono spesso lo stupefacente ad altri individui, i quali sono supervisionati e coordinati nell’attività di spaccio al dettaglio.

L’esistenza di rette commerciali per la compravendita di stupefacenti testimoniata dai numerosi dati investigativi che attestano le cointeressenze nel settore del narcotraffico della cosca di San Lucido con il gruppo criminale capeggiato da Salvatore Caruso, attivo nel territorio di Paola, e quello di Roberto Porcaro, a Cosenza, da cui il clan Calabria-Tundis si rifornisce di cocaina.

Il sodalizio si rivolge anche a coltivatori operanti sulla costa tirrenica cosentina per l’acquisto di marijuana, fra cui Michele Iannelli alias “Tavolone”, soggetto storicamente vicino alla cosca Muto di Cetraro.

E’ stato altresì accertato che il gruppo criminale dispone di armi.

La genesi del sodalizio è stata ripercorsa da vari collaboratori di giustizia che hanno inquadrato la cosca locale nell’ambito del contesto ‘ndranghetistico in seno al quale il gruppo ha trovato la propria legittimazione.

Viene altresì sottolineata la condizione di omertà, dimostrata dalla carenza di denunce da parte soprattutto delle persone che hanno subito atti intimidatori. Nei pochi casi in cui vi siano state segnalazioni alle forze dell’ordine, nessuna vittima ha mai espressamente indirizzato i sospetti su Pietro Calabria e i suoi sodali, pur avendo avuto con questi rapporti e conoscendone lo spessore criminale.

Vi è poi la capacità della cosca di infiltrarsi sulle attività economiche e la capacità di infiltrazione nella pubblica amministrazione. (https://www.calabriainchieste.it/2023/05/09/clan-tirreno-ditte-taglieggiate-e-intestazione-fittizia-di-beni-agli-uomini-donore/)

Pietro Calabria, come detto, occupa il gradito più alto della compagine associativa, esercitando il ruolo di capo indiscusso, fissando i punti del programma, impartendo le disposizioni relative, fra l’altro, ad estorsioni, traffico di droga, recupero crediti, gestendo l’aspetto patrimoniale e dirimendo controversie esterne e interne.

Andrea Tundis ricopre invece una posizione a latere del capocosca, coadiuvando quest’ultimo nelle principali attività illecite. Dinamico nel settore del narcotraffico, esegue le disposizioni del boss, in particolare quando si tratta di portare al suo cospetto soggetti debitori e vittime di estorsioni.

Fabio e Giuseppe Calabria, unitamente a Gianluca Arlia, sono considerati soggetti molto attivi nei settori nevralgici per gli interessi del clan: narcotraffico e racket delle estorsioni.

Michele Tundis è invece considerato l’armiere della cosca, ma anche concorrente in due vicende estorsive.