PAOLA (Cs) – ‘Ndranghetisti, spacciatori e accaniti consumatori di cocaina, impelagati tra reddito di cittadinanza, case popolari e assunzioni fittizie.
Situazioni paradossali cristallizzate in quelle 3mila pagine di intercettazioni e captazioni che hanno originato l’ordinanza di applicazione di misure cautelari a carico di 33 persone (46 indagati)
Chi operava nell’ambiente criminale usufruiva, paradossalmente, di agevolazioni da parte dello Stato, grazie sia a presunte entrature nella pubblica amministrazione e sia in relazione a situazioni di presunta indigenza.
Ed il reddito dei poveri, molto spesso veniva utilizzato per la sniffata giornaliera.
Migliaia gli episodi di spaccio documentati agli atti dell’inchiesta antimafia contro la cosca Calabria-Tundis (eseguita l’altro ieri dalla Dda di Catanzaro e dai Carabinieri) collegata a gruppi criminali di Paola e di Cosenza.
Un gruppone di spacciatori, tutti considerati elementi della organizzazione ‘ndranghetista, che spesso coordinava anche assuntori-spacciatori, riforniva l’intero hinterland paolano – fino a Longobardi, a sud, e Fuscaldo, a nord – di cocaina e marijuana.
Si drogavano in tanti. I professionisti non si contano ed i nomi sono noti e meno noti, appartenenti sia alla cosiddetta “Paola bene” e sia alla vicina San Lucido con territori circostanti.
Gli acquisti avvenivano ovunque: sotto le abitazioni, dal macellaio, nel Pub, in mezzo alla piazza, finanche dall’estetista. L’assuntore non si curava di alcun rischio quando aveva bisogno di “farsi”, sia in relazione agli incontri e sia in merito ai contatti telefonici, intercorsi finanche con elementi di spicco della ‘ndrangheta.
La malavita organizzata fungeva anche da centro del credito, “prestando” la droga e, comunque, pretendo i pagamenti al rifornimento successivo. Chi non pagava, rischiava grosso: auto e scooter in fiamme, botte e minacce gravi.
Agli atti vi sono situazioni gravi che, si presume, siano in fase di evoluzione, non rientranti nella misura eseguita pochi giorni fa. Fatti e circostanze che coinvolgono numeri altri paolani (imprenditori, ristoratori, commercianti, impiegati) i quali avrebbero agevolato, con le loro condotte, l’associazione di stampo ‘ndranghetistico.