Home Calabria Mercoledì la presentazione dell’opera di Annarosa Macrì, “Sarti volanti”

Mercoledì la presentazione dell’opera di Annarosa Macrì, “Sarti volanti”

La scrittrice insignita dal Presidente della Repubblica del titolo di Commendatore per meriti culturali

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REGGIO CALABRIA – Nell’ambito delle celebrazioni per i 120 anni dalla fondazione della SGS Fortitudo 1903, si svolgerà il prossimo 24 maggio, alle ore 17, presso il “Salone delle Vittorie” del Centro Sportivo “Matteo Pellicone” in via Frangipane, 13 a Reggio Calabria la presentazione del libro “Sarti Volanti” di Annarosa Macrì, scrittrice e giornalista, nata a Reggio Calabria ed insignita dal Presidente della Repubblica del titolo di Commendatore per meriti culturali.

Annarosa Macrì ha lavorato in Rai, svolgendo innumerevoli servizi e reportage in Italia e all’Estero, ed ha collaborato a lungo con Enzo Biagi a Rai Uno, alla realizzazione de “I dieci comandamenti all’italiana”, “Una storia”, “Il fatto”, “Rotocalco televisivo”, “Rt era ieri”. Numerose le sue pubblicazioni: A Berlino un bounganville, I ragazzi di Locri e, con Rubbettino, Da che parte sta il mare, Corpo estraneo, e un omaggio al suo maestro, L’ultima lezione di Enzo Biagi.

La manifestazione  è organizzata dalla SGS Fortitudo 1903 in collaborazione con le associazioni culturali Rhegium Julii e Nuovo Umanesimo presiedute, rispettivamente, dall’Ing. Giuseppe Bova e dalla Preside Prof. Carmelina Sicari e sarà moderata dalla giornalista scrittrice reggina Ilda Tripodi.  

Ad accogliere gli ospiti sarà il Prof. Riccardo Partinico, Presidente della SGS Fortitudo 1903” che, assieme ai Consiglieri sociali Alessandra Benedetto e Rossella Zoccali, ha programmato per l’anno 2023 numerose iniziative per onorare la storia di una società sportiva che non ha eguali in Calabria.

Fondata dal Cardinale Gennaro Portanova il 6 gennaio 1903 per avvicinare i giovani allo sport la società sportiva iniziò la sua opera educativa in città. Nel 1907 gli Atleti della Fortitudo si esibirono presso il Giardino Pubblico di Reggio Calabria in presenza di Vittorio Emanuele III Re d’Italia in occasione dell’inaugurazione del busto in bronzo di Umberto I. Purtroppo nel 1908, perirono sotto le macerie causate dal terremoto tutti i suoi dirigenti, ma già nel settembre 1909 gli atleti parteciparono al I Concorso Internazionale di Ginnastica nella città di Milano e, al rientro, furono ricevuti da Papa Pio X che consegnò loro una medaglia di bronzo. Nel 1923 la Fortitudo organizzò la commemorazione di Alessandro Manzoni presso il Teatro Politeama di Reggio Calabria gremito di “pubblico intellettuale”, così era scritto su “Cronaca di Calabria”.

Tante le iniziative intraprese in questi lunghi anni dai presidenti che si sono succeduti alla guida della Fortitudo, il Prof. Raimondo Zagami, il Comm, Giuseppe Romeo, il Dott. Giulio Romeo, l’Avv, Michele Salazar, il Prof. Giuseppe Pellicone. Oggi la Fortitudo 1903 possiede un patrimonio sportivo e culturale unico, coppe, pergamene, medaglie, statue in bronzo, libri, documenti storici che faranno da cornice alla platea presente il prossimo 24 maggio presso il “Salone delle Vittorie”.

Ecco la recensione di Carmelina Sicari che presenta con grande competenza il libro di Annarosa Macrì: «ll segreto di questa scrittura di Annarosa  Macri’  in  Sarti Volanti, edizione Rubbettino,  è contenuto nel mito di Orfeo, il poeta che ammansisce come primum le fiere, e poi cerca di strappare Euridice all’Ade, l’oscuro regno delle ombre unde negant redire quemquam, donde dicono che nessuno è mai tornato. Anche Annarosa  Macrì tenta di ammansire le fiere con il canto e la musica. La narrazione è concepita come una  gigantesca sinfonia con le variazioni nello spartito e nella sua presentazione la voce poetica è presentata con acuti e toni sommessi. Ma le fiere come quelle dantesche che impediscono la vista del colle della salvezza sono tante, sono inconsce  talora. Ci sono due soggetti nella decifrazione di un’opera. Il primo è il critico ma l’autore stesso è il secondo soggetto che diviene a sua volta philosophus additus siibi ipsi, filosofo aggiunto a se stesso. L’autore posseduto dal sacro fuoco dell’ispirazione vede vivere i suoi personaggi quasi autonomamente. Affrontare le fiere dell’inconscio e rappresentare la vita dei personaggi è prova di grande coraggio. La scrittura necessita di coraggio come la verità, il coraggio della verità. Le forze oscure dell’Ade, affrontate, possono produrre l’incontro con il se’ ed è questo che l’autore vuol ottenere ed è questo che il lettore intende carpire. In crisi di ispirazione l’aspirante scrittrice, Amelie, scopre questa elementare verità. Ripiega sul laboratorio di cucito, eredità avita, che diviene incrocio di sarti volanti e di storie, infinite storie. Il coraggio del lettore sta nell’affrontare queste storie. Orfeo deve affrontare e placare le fiere, lo scrittore i fantasmi interiori, il lettore si aspetta un racconto lineare ed una conclusione, si aspetta uno svolgimento in progress di cui nel libro non c’è traccia. Lo spaventa un cosi’ gran numero di pagine sul fondamento del detto callimacheo mega biblos mega kakon, un grosso volume un grosso male. Lo scrittore Orfeo  evoca un mondo scomparso, l’Ade appunto,  il lettore vorrebbe guardare avanti e conquistare l’oblio del passato.C’era una volta esordisce la favola  ma qui non c’è un pezzo di legno, ne’ un reame. Soprattutto si aspetta il lettore una morale che è assolutamente qui taciuta. Ma allora perche’ Orfeo scrive?»

La narrazione va avanti e  indietro, «il tempo si riavvolge costantemente su se stesso eppure lentamente il lettore si persuade di cosa? Che sta assistendo davvero allo spettacolo della vita, al suo colore, al suo enigma. Orfeo riprende la sua funzione, scende nell’Ade e fa rivivere i morti come Rosa, la madre di Amelie, Nino, suo fratello e poi tanti tanti altri. Universi riappaiono, il laboratorio del padre ed il suo e luoghi, Parigi, Roma, Cosenza e Reggio. Come in Proust l’odore della madeleine spinge a ricreare a ritroso un mondo, cosi’ l’asola si apre alle storie, di amore certo quasi tutte ma senza amore, di dolore piuttosto».

Forse la storia piu’ bella «è quella della madre di Amelie, che ha un amore di lontano per tutta la vita come i poeti provenzali. La sigla globale è esplicita, il coraggio, la verità della scrittura che si snoda come una maestosa elegia con le variazioni musicali, e su tutto il dolore dell’amore, degli amori, vissuti ed accettati. I personaggi amano e soffrono. Doloranti si affacciano sulla pagina gridando di dolore e come nel racconto di Cecov, noi piangiamo perche’ altri non soffrano dicono o come la moglie di Trasea Peto -non dolet, non duole grida dopo essersi trafitta e porgendo il pugnale al marito si forse la morale c’è in questa storia, in queste storie è quella stoica un sapore finale di anime e di resistenza».