Lo svolgimento di un concorso pubblico

Avrebbero cercato di truccare l’ultimo concorso in magistratura, bandito il 10 dicembre 2021 per 500 posti. E adesso, dopo essere finiti sul banco degli imputati con l’accusa di tentato abuso d’ufficio, hanno ottenuto la messa alla prova con l’affidamento ai servizi sociali (scrive il Messaggero). Durante la prossima udienza, il giudice dovrà approvare – o modificare – il programma presentato dai due imputati: il professore di Diritto amministrativo Francesco Astone, ex direttore del dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Messina e componente della Commissione esaminatrice del concorso, e il candidato Roberto Castellano, dottorando nello stesso ateneo e che, secondo gli inquirenti, era legato al docente da un rapporto professionale e di amicizia.

A smascherarli – e a denunciarli – un altro componente della Commissione, al quale era stato inviato via mail l’elaborato dell’aspirante magistrato che, secondo l’accusa, contava di poter essere valutato con criteri più favorevoli. Ad Astone viene contestato di non essersi astenuto dai lavori nonostante il legame con Castellano, mai dichiarato nei documenti compilati e consegnati al Ministero. Avrebbe sminuito la loro conoscenza anche davanti al Csm, quando era stato convocato dopo la segnalazione.

Le irregolarità sono annotate nel capo di imputazione. In concorso con Castellano, Astone avrebbe commesso una serie di violazioni: quella della norma «applicabile alle commissioni esaminatrici di concorsi pubblici, che impone l’obbligo di astensione nei casi di rapporti personali tra commissario e concorrente», quella che «impone l’adozione di criteri per la valutazione omogenea degli elaborati» e quella che impone «di annullare l’esame di concorrenti che si siano fatti riconoscere».

In particolare, il professore avrebbe affermato «l’assenza di ragioni di astensione in sede di dichiarazione al ministero della Giustizia», nel luglio 2022. Poi, anche dopo aver ricevuto i criteri di identificazione degli elaborati di Castellano – che deteneva nel suo computer e che aveva anche stampato e messo nel portafoglio – avrebbe dichiarato il falso davanti al Csm il 22 settembre 2022, «affermando che tra lui e Castellano esistevano i normali rapporti sussistenti tra un professore e dottorando di ricerca». In realtà, secondo gli inquirenti, avrebbe intrattenuto con lui «rapporti di natura personale, in forza dei quali il medesimo svolgeva attività nell’interesse di Astone, esterne al rapporto professore-dottorando».

E ancora: il commissario avrebbe ricevuto «da Castellano i criteri di riconoscimento degli elaborati scritti», in modo poterli individuare, «per adottare – secondo l’accusa – criteri di valutazione diversi e più favorevoli». Avrebbe anche omesso di chiedere «l’annullamento dell’esame». E, con la collaborazione del candidato, avrebbe trasmesso gli identificativi degli elaborati a un altro componente della Commissione, «al fine di indurlo» a individuarli «perché li valutasse secondo criteri diversi», è sempre riportato nel capo di imputazione. In questo modo avrebbe cercato di garantire al giovane il superamento del concorso.
Per il difensore di Astone, l’avvocato Antonino Favazzo, «la decisione del professore di chiedere di definire il procedimento con le forme della messa alla prova, impegnandosi a partecipare ad un programma che prevede lo svolgimento di lavori di pubblica utilità, è stata molto meditata. Alla fine, ha prevalso l’esigenza di evitare una verosimilmente lunga pendenza giudiziaria, che già, a prescindere dal suo esito, costituisce essa stessa pena per l’imputato».