ROMA – Sette calabresi sono accusati, in concorso con altre cinque persone, di riciclaggio internazionale perché coinvolti in una truffa da 5 milioni di euro a danno sia di Poste italiane e sia del colosso Microsoft, perpetrata tramite sistemi telematici e con accrediti su conti correnti aperti in Bulgaria.
Si tratta di: Lorenzo Zazzaro di Cerchiara Calabra; Maurizio Crugliano di Crotone; Alessandra De Angelis e Franco Borrelli di Bonifati; Antonio Bellusci di Praia a Mare; Marco Crugliano di Crotone; Carmela Donato di Rossano.
Nei loro confronti la procura della Repubblica di Roma, nella persona del sostituto procuratore Eleonora Fini, ha chiuso le indagini, notificando una informazione di garanzia e sul diritto di difesa (trattasi, chiaramente, di meri indagati, ossia di presunti innocenti fino alla conclusione del procedimento).
Del gruppetto fanno parte:
Franco Borrelli (“recidiva reiterata”), in particolare, è noto alle forze dell’ordine, anche perché già condannato a 4 anni nel noto processo “Coffee break” istruito dal pm Eugenio Facciolla quando era sostituto procuratore a Paola, in provincia di Cosenza.
Alessandra De Angelis (“recidiva reiterata”) è la compagna di Borrelli Franco, pure lei già imputata nel medesimo processo per associazione a delinquere, truffe milionarie e false fatturazioni.
Antonio Bellusci è, invece, un imprenditore altotirrenico.
Ma andiamo ai fatti.
Gli uffici italiani di Poste Italiane hanno subito una truffa in piena regola condotta attraverso le modalità di quello che, in gergo tecnico, si chiama “attacco Bec” (Business email compromise). Ciò ha portato al pagamento di una “fattura” da 5 milioni di euro che doveva essere destinata a Microsoft e che, invece, è finita nelle mani (sui conti e nelle tasche) di alcuni presunti criminali informatici.
Tutto è avvenuto con una banale mail inviata agli uffici centrali delle Poste Italiane, l’ultimo passaggio di questo attacco Bec. Il responsabile dei pagamenti degli uffici centrali di Poste Italiane ricevette una mail che chiedeva di saldare il pagamento di una rata verso un nuovo Iban.
Si trattava di un contratto di acquisizione di terminali e altri sistemi applicativi con Microsoft. E quella mail non aveva destato preoccupazione: i truffatori avevano inviato quella comunicazione con una modifica quasi impercettibile. Il dominio dell’indirizzo era @mlcrosoft e non @microsoft, ossia una “l” minuscola al posto della “i” minuscola che non ha permesso all’addetto di capire la truffa. La rata da 5 milioni di euro è stata così pagata nei confronti dell’Iban comunicato attraverso la mail truffaldina.