COSENZA – Depositati oggi nell’ambito dell’udienza preliminare di Reset, celebrata nell’aula bunker del Tribunale di Lamezia, i verbali contenenti scottanti dichiarazioni dell’ex boss di ‘ndrangheta Roberto Porcaro.
Dichiarazioni accusatorie e autoaccusatorie, avendo deciso l’ex mammasantissima di imboccare la via della collaborazione con la giustizia.
Decine gli “omissis” contenuti nei diversi verbali firmati da Porcaro che riguardano altri procedimenti in fase di indagine, tra cui “Affari di Famiglia”, recente blitz antimafia eseguito tra Cosenza, San Lucido e Paola.
Spifferate, cristallizzate negli atti tra fine maggio e questo mese di giugno, che faranno registrare nuove “retate antimafia”. In tanti staranno tremando… tra ‘ndranghetisti e colletti bianchi. Numerosi i nomi omissati.
Da questo momento “Calabria Inchieste” pubblicherà a puntate le confessioni di Roberto Porcaro.
Ecco oggi un primo assaggio:
«Il mio percorso criminale comincia tra il 2004-2005 allorquando frequentavo il quartiere San Vito, accompagnandomi ad Osvaldo CICERO, figlio di Domenico, in quel periodo detenuto.
Domenico CICERO veniva scarcerato all’incirca nel 2006 ed è in quell’anno che l’ho conosciuto per la prima volta. In quegli anni cera una situazione di fibrillazione nella quale si temeva per l’incolumità di Domenico CICERO, in ragione dei suoi contrasto con Michele BRUNI “BELLA BELLA”. Così Osvaldo CICERO mi dava 50 euro al giorno per la mia presenza a tutela dell’incolumità del padre».
In quegli anni facevo anche da parcheggiatore presso la discoteca “Corte dei Miracoli” dove l’attività di parcheggio era gestita dai CICERO, e mi dedicavo anche ad alcuni furti per guadagnare qualcosa e mantenere anche il mio primo figli.
Sempre tra il 2005-2006, ho assistito ad una prima riunione in cui Gianfranco BRUNI detto “Tupinaru” venne a garantire la pace tra i CICERO ed i BRUNI “BELLA BELLA”; tale riunione si tenne a casa di Gianfranco BRUNI alla presenza di Domenico CICERO, Michele BRUNI, Francesco PATITUCCI e Maurizio RANGO, nonché a quella di Antonio ABBRUZZESE fratello di Luigi; io, invece, ero armato all’esterno sotto il porticato di casa mia per vigilare sulla sicurezza; all’esterno, allo stesso fine, erano presenti anche Fabio BRUNI, fratello di Michele, Michele di PUPPO che girava a bordo di una moto modello “Yamaha R6“ e Vincenzo CANDREVA.
Qualche anno dopo, nel giugno 2008 sono stato arrestato nell’operazione Anaconda è condotto in carcere a Catanzaro “Siano”.
In questa indagine venivo accusato di associazione a delinquere di tipo mafioso e di decine di reati fine tra cui usura, estorsione e porto di armi;
tuttavia, già nella fase cautelare erano cadute quasi tutte le accuse ad eccezione del porto di una arma comune da sparo, rispetto alla quale poi sono stato condannato in abbreviato con l’esclusione dell’aggravante mafiosa ad una pena finale di un anno e tre mesi circa.
Nei primi sei mesi di detenzione ho stretto amicizia con altri detenuti: Cecè COZZA, Pino CALABRIA, Mario GATTO, Giuseppe PROSPEROSO e BRUNI Gianfranco che già conoscevo.
In questa detenzione mi ha indicato che, allorquando sarei uscito, mi sarei dovuto avvicinare a Francesco PATITUCCI, SASA’ Ariello e Mario PIROMALLO per gestire alcuni affari illeciti e, in particolare, per occuparmi del traffico di sostanze stupefacenti di tipo cocaina, hashish e marijuana.
Così ho fatto quando sono uscito dopo sei mesi, alla scadenza dei termini di custodia cautelare e contestuale attenuazione della misura dell’obbligo di dimora nel Comune di Cosenza. Ricordo che dopo qualche mese uscì anche Mario GATTO.
Sono stato poi riarrestato nel settembre del 2009 a seguito del ricorso della Procura. Sull’annullamento della misura cautelare in riferimento al capo associativo e sono stato condotto nel carcere di Cosenza, dove nel frattempo, avevano aperto l’alta sicurezza e lì avevano tradotto i detenuti del circuito alta sicurezza che avevo conosciuto a Catanzaro e, in particolare, Gianfranco BRUNI, Michele BRUNI, Mario MUSACCO e. Francesco CICERO. Quest’ultimo, sapendo della mia imminente scarcerazione, mi aveva proposto di lavorare per conto del loro gruppo, proponendomi di prendere il posto di GIANNONE Armando, detto “gaddrinaro”
Nel recupero dei proventi dell’attività estorsiva, relativi ai debiti di una lista di soggetti che mi avrebbe fatto avere. Tuttavia, pur rispettando la sua amicizia, ma memore del fatto che non ero stato sostenuto dallo stesso durante la mia detenzione, ho declinato l’invito dicendogli che nel frattempo mi ero avvicinato a Gianfranco BRUNI, circostanza da questi confermata allo stesso Francesco CICERO. (g. s.)
…continua…