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Mamone (Unsic): «Sporcizia fuori controllo in mare, il turismo è una risorsa primaria ma la Calabria non sa valorizzarlo»

Da Reggio Calabria a Vibo Valentia, da Scilla a Palmi, da Nicotera a Pizzo Calabro, inclusa la cosiddetta “costa viola”: «Situazione vergognosa che si ripercuote sull’attività turistica»

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CATANZARO – «Se la natura ha privilegiato la Calabria soprattutto per una costa straordinaria e quel mare in cui Giovanni Pascoli vedeva “onde greche che cercano quelle latine”, l’uomo sta sperperando un patrimonio naturale che potrebbe generare un’invidiabile ricchezza economica.

In questi giorni, infatti, soprattutto il litorale tirrenico – da Reggio Calabria a Vibo Valentia, da Scilla a Palmi, da Nicotera a Pizzo Calabro, inclusa la cosiddetta “costa viola” – presenta sporcizia fuori controllo in mare, una situazione vergognosa che si ripercuote sull’attività turistica».

«Le cause? La mancanza di depuratori o la loro inattività. I tanti scarichi senza controlli, da quelli dei villaggi a quelli individuali, fanno il resto».

A lanciare il grido d’allarme è Domenico Mamone, presidente dell’Unsic, sindacato nazionale datoriale.

«La Regione Calabria è principalmente impegnata a segnalare al governo centrale le mancanze dei servizi primari, quali la sanità, e a richiedere interventi economici dallo Stato. Va bene, ma per poter capitalizzare e riorganizzare le politiche economiche locali, compresa la sanità, è necessario sostenere le ‘galline dalle uova d’oro’, a cominciare dal turismo. Siamo a metà stagione estiva e il problema dei disservizi si ripresenta» – continua Mamone.

«I turisti non vengono in Calabria proprio per queste situazioni da terzo mondo e i calabresi più abbienti vanno altrove: il problema è che si resta delusi proprio dai problemi istituzionali, amministrativi, organizzativi, di manutenzione. A rimanere scoraggiati e frustrati siamo innanzitutto noi tanti calabresi che viviamo altrove e che auspichiamo sempre con fiducia che le cose possano cambiare, a cominciare appunto da un turismo finalmente degno di questo nome e che potrebbe garantire quell’occupazione la cui mancanza è l’altra piaga dei nostri territori, con la ricettività e i servizi che potrebbero costituire il toccasana. Insieme naturalmente all’agricoltura, che offre eccellenze riconosciute e apprezzate sul piano internazionale».

Il presidente dell’Unsic estende il suo ragionamento. «Si parla tanto di PNRR, forse anche troppo perché sembra che possa rappresentare la panacea di tutti i mali, mentre ogni amministrazione e ogni cittadino dovrebbe fare la propria parte. La questione del mare sporco non è un problema secondario perché costituisce la precondizione per un vero rilancio turistico: basterebbe davvero poco per rendere il soggiorno dei turisti meno problematico. Sarebbe sufficiente installare dei depuratori, ma la questione viene rimandata di anni in anni e sono diventati decenni».

Mamone affronta anche la questione delle imprese, molte iscritte all’Unsic.

«Le nostre aziende, mi riferisco a quelle calabresi, se fino ad oggi si sentono di serie B, a breve saranno di serie C in un contesto del genere, dove la situazione peggiora di giorno in giorno. Tra l’altro le imprese non possono programmare nemmeno eventuali nuove assunzioni, perché c’è imprevedibilità, sconforto, impossibilità di pianificazione. Se si continua così, il PNRR servirà a poco perché occorrono interventi strutturali e l’economia calabrese, senza un serio intervento politico, rimarrà sempre più paralizzata e destinata al peggio. I calabresi, va detto, sono letteralmente ‘derubati’ dei mancati incassi, specie di quelli del turismo straniero, che nel Mezzogiorno sceglie ormai tutte le altre mete, dalla costiera amalfitana al Salento, rispetto ai nostri territori. Al mare sporco, tra l’altro, si associa la situazione idrogeologica: basta un minimo temporale, ormai, per generare il caos«.

Il presidente dell’Unsic conclude con un appello diretto alla politica locale: «Non è più tollerabile la situazione in questo territorio. Il ministro del Turismo deve monitorare l’operato delle Regioni meridionali perché un turismo di livello non esiste senza la cura estrema del territorio».