Si è chiuso con l’assoluzione di tutti i 29 imputati il processo “Ruby ter”. I giudici della settima sezione penale di Milano hanno assolto Silvio Berlusconi, Karima el Marough, la giovane marocchina più conosciuta come Ruby, e altre 27 persone: le cosiddette olgettine e altri ospiti delle serate di Arcore, tra cui la senatrice Maria Rosaria Rossi e il presidente di Medusa Carlo Rossella.
Erano tutti accusati a vario titolo di corruzione in atti giudiziari e falsa testimonianza ma secondo il Tribunale “il fatto non sussiste”. Per Barbara Guerra è anche stata pronunciata una sentenza di “non luogo a procedere” per prescrizione del reato di calunnia.
Per Berlusconi la procura, rappresentata in aula dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e dal pm Luca Gaglio, aveva chiesto una condanna a 6 anni. Secondo la difesa dell’ex premier, rappresentata dagli avvocato Franco Coppi e Federico Cecconi, “il fatto non sussiste”.
Secondo la ricostruzione della procura di Milano, l’ex premier avrebbe corrotto con 10 milioni di euro Ruby (che avrebbe ricevuto 5 mln), una ventina delle cosiddette olgettine e gli altri ospiti delle serate di Arcore poi ascoltati come testimoni nel processo Ruby che si concluse con l’assoluzione definitiva di Berlusconi in Cassazione.
In altre parole, i magistrati milanesi sono convinti che l’ex premier abbia “comprato” il silenzio delle ragazze e di tutti quelli che parteciparono ai festini del “bunga bunga” per spingerli a rendere testimonianze false o reticenti, e soprattutto a non rivelare in Tribunale tutti i retroscena più “piccanti” dei festini di Villa San Martino.
Una presunta maxi corruzione che, sempre secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbe insomma portato all’assoluzione di Berlusconi nel primo processo sul caso Ruby. Per i difensori di Berlusconi, invece, il fatto non “sussiste” e i pagamenti effettuati dall’ex premier a favore delle ragazze e degli altri ospiti ad Arcore sarebbero il frutto della “generosità” di Berlusconi che si sarebbe preoccupato di risarcire chi aveva subito danni di immagine e di reputazione a causa dello scandalo del “bunga bunga”.