COSENZA – È una forma di turismo sostenibile che ha un impatto estremamente positivo sul territorio e che potrebbe favorire il ripopolamento dei nostri borghi.

Si tratta del turismo delle radici, studiato da anni da Sonia Ferrari, docente di marketing del turismo e di marketing territoriale all’Unical, e di Tiziana Nicotera, cultore della materia presso l’Unical e consulente di marketing del turismo. E attualmente è anche oggetto di un grande interesse sia del Ministero degli Esteri che di quello del Turismo.

Le due studiose hanno realizzato, con il patrocinio del Ministero degli Esteri e grazie anche al contributo di altri ricercatori, il Primo rapporto sul turismo delle radici in Italia, considerato il principale riferimento per chi opera in questo ambito.

Stanno svolgendo, inoltre, una serie di corsi di formazione online su questo tema per conto di Confcommercio, con grande successo.

Oggi Ferrari e Nicotera stanno studiando l’impatto di questa forma di turismo e dell’attaccamento ai luoghi delle proprie origini da parte di emigrati e turisti delle radici in termini di promozione dei prodotti agroalimentari italiani in mondo.

La ricerca è realizzata in collaborazione con il CREA, il principale ente di ricerca italiano dedicato alle filiere agroalimentari, nell’ambito del progetto Oleario, che ha l’obiettivo di unire competenza e comunicazione per generare un’accelerazione dei processi culturali che riguardano il settore olivicolo.

Lo studio, ormai al termine, mostra come i turisti delle radici (oriundi italiani e loro discendenti che tornano in vacanza nei luoghi delle origini) possano concorrere a migliorare l’immagine di alcuni marchi territoriali, oltre ad acquistare direttamente prodotti realizzati nel luogo di origine della loro famiglia e a promuoverli.

Questi turisti diventano veri e propri ambasciatori all’estero del cosiddetto Made in Italy. Tutto ciò può favorire le esportazioni, stimolare la produzione locale, aumentare l’orgoglio della comunità, accrescere la sostenibilità e l’attrattiva locale.

Gli ‘italiani nel mondo’, inoltre, possono limitare l’impatto negativo del fenomeno dell’Italian sounding, che diffonde finti prodotti italiani di scarsa qualità, dannosi per l’immagine della gastronomia italiana e per l’economia e le esportazioni del settore agro-alimentare italiano.

Nell’ambito della ricerca è previsto un focus sul comparto olivicolo-oleario.