Il Consiglio direttivo della Camera penale di Cosenza e l’Osservatorio “Carcere”
istituito in seno alla stessa, hanno effettuato una visita nella Casa circondariale di Cosenza cui hanno preso parte – unitamente al presidente e ai consiglieri- la referente regionale dell’Osservatorio “Carcere” dell’Unione delle Camere penali italiane, la delegata dell’Osservatorio “Carcere” territoriale unitamente al (primo) Garante comunale dei detenuti della città di Cosenza e al Garante della regione Calabria.
Nel corso della visita – preceduta da una intensa sessione interlocutoria tenuta con la Comandante dirigente aggiunto di Polizia penitenziaria Di Gioia e la Coordinatrice dell’Area giuridico-pedagogica Scarcello – si è appreso che i detenuti attualmente presenti sono 282 nonostante la capienza regolamentare sia stata fissata dal Ministero della giustizia in 218 posti e che il personale di polizia penitenziaria, indicato nella pianta organica ministeriale in numero di 169 unità, è effettivamente composto da 139 operatori.
Inoltre, per l’intera popolazione carceraria sono previsti solo uno psichiatra e una psicologa, per giunta assente da diversi mesi e mai sostituita, con la concreta impossibilità di procedere sia con la visita psicologica prevista in ingresso dal “servizio nuovi giunti”, sia alle prescrizioni di visita specialistica da parte del medico di base carcerario, circostanza di certa gravità in considerazione del fatto che nella Struttura di Cosenza sono conclamati (nonostante l’assenza di accertamenti su base psicologica) almeno 30 casi di detenuti con disturbi comportamentali
Le cartelle cliniche dei detenuti, dagli stessi richieste per la tutela dei propri diritti, sono rilasciate dall’Area sanitaria in tempi non ragionevoli; i 52 detenuti stranieri sono privati, ancora oggi, della figura del “mediatore culturale”, circostanza che impedisce loro ogni effettiva comunicazione con il personale intramurario, soprattutto con quello sanitario; il diritto, da parte dei genitori detenuti, al riconoscimento dei propri figli è, di fatto, precluso poiché la Magistratura di sorveglianza, per i detenuti definitivi, non ne autorizza la presenza/traduzione presso i competenti Uffici, né l’Amministrazione comunale di Cosenza acconsente alla dislocazione degli adempimenti burocratici nella Struttura carceraria.
Nel corso della visita eseguita nelle sezioni di “media sicurezza” e “alta sicurezza”ubicate al secondo piano dell’edificio carcerario, è stato constatato quanto segnalato dalla Camera penale di Cosenza: la materiale occlusione delle finestre delle celle mediante l’installazione di pannelli opachi di plexiglass, veri e propri muri che – costituendo un “carcere nel carcere”- impediscono anche il minimo sguardo verso il mondo esterno e non consentono l’adeguato ricambio d’aria, con logiche ricadute in termini di igiene e salubrità degli stessi locali, in cui sono ubicati angolo cottura e bagno.
Ciò impedisce ogni contatto visivo con il mondo esterno e compromette la capacità psicofisica della persona, in quanto la privazione di tale stimolazione visiva – come scritto nelle raccomandazioni del Garante nazionale dei detenuti – può avere effetti contrari al senso di umanità della pena.
I detenuti ospitati in queste celle “schermate” hanno così “urlato la loro sofferenza”: «Qui manca l’aria, stiamo male fisicamente e mentalmente, è uno stato di malessere inspiegabile, nonostante gli sforzi della Polizia penitenziaria, è come vedere tutto il giorno appannato, chiudete gli occhi e provate a immaginare come abbiamo vissuto nei giorni scorsi, con il grande caldo, senza aria, pensavamo soltanto a sopravvivere giorno dopo giorno, alcuni di noi sono andati in infermeria perché si sono sentiti male, questi pannelli sono un inferno che toglie fuori la parte peggiore di noi».
Tutto ciò premesso e considerato il Consiglio direttivo della Camera penale di Cosenza, riservando ogni autonoma iniziativa di protesta anche mediante richiesta ispettiva -ministeriale, chiede ai Garanti comunale e regionale l’esercizio delle proprie prerogative istituzionali al fine di far ripristinare nella Casa circondariale di Cosenza i più elementari diritti costituzionali.